Accolto da un grande applauso e da quel “kaire”, che in greco vuol dire ràllegrati, con il quale ha chiesto ai giovani di essere salutato, l’Arcivescovo entra nel grande Salone del Centro Pastorale di via Sant’Antonio a Milano dove sono riuniti gli allenatori e i dirigenti delle 800 società sportive attive negli oratori della Diocesi.
Un incontro voluto dallo stesso monsignor Delpini che dà avvio, come meglio non si potrebbe, all’attività annuale di 10.000 educatori sportivi, dice il segretario della Commissione Diocesana per lo Sport, don Alessio Albertini. «Vogliamo essere dentro a un cammino di Chiesa condividendo l’invito della Pastorale giovanile per l’oratorio 2017-2018, che diventa per noi “Vedrai che bello… anche nello sport”. Questa è la nostra scelta secondo quanto scrive Paolo nella Lettera ai Tessalonicesi, “Vagliate ogni cosa, ma tenete ciò che è bello”».
Dalla lettura del Vangelo di Giovanni, con la chiamata dei primi discepoli, nasce la riflessione proposta dall’Arcivescovo ai molti presenti, tra cui figure dello sport professionistico come Charlie Recalcati, indimenticabile campione di pallacanestro, Dionigi Cappelletti allenatore della Nazionale paralimpica di basket, Claudia Giordani, olimpica e delegata Coni di Milano.
«Qualche volta, l’opera educativa rischia di fermarsi all’allenamento, il cui scopo è, invece, di preparare alla gara. I discepoli di Giovanni capiscono il suo insegnamento perché il Precursore li predispone alla sequela di Cristo. Voi, come responsabili di una delle attività tra le più desiderate dai giovani, dovete coltivare questa immagine di educatori consapevoli dello scopo per cui svolgete il vostro compito: preparare alla vera partita».
Da qui, per l’Arcivescovo, l’indicazione della missione propria degli allenatori credenti. «Penso che il significato di appartenenza alla comunità cristiana sia saper far maturare persone disponibili a incontrare il Signore, insegnando, nel vostro caso, quel modo di vivere lo sport che predispone a una scelta capace di dare senso alla vita», dice, infatti, Delpini rivolgendosi direttamente agli allenatori ed educatori.
Chiaro l’obiettivo: «Far sì che nessuno viva la giovinezza come una specie di parco giochi dove unicamente ci si diverte», mentre la giovinezza è il tempo per desiderare il futuro e orientare la vita. «Lo sport può e deve essere un luogo di bellezza che apre a un oltre. Il servizio educativo che profondete non sia solo un allenamento, ma il contributo alla crescita complessiva di una persona che sa fare sintesi sul senso della propria esistenza. Questo è il significato del “Vedrai che bello”: diventare ed essere adulti nel riferimento a Gesù e al suo amore che ci rende capaci di amare».
È don Stefano Guidi, di recente divenuto direttore della (la Fondazione degli Oratori Milanesi), a prendere, poi, la parola per ribadire il legame forte del mondo oratoriano con quello dello sport.
«Voglio partire dalla domanda su come lo sport possa aiutare l’oratorio a essere più bello, perché vedo voi sportivi come protagonisti, non come spettatori dell’oratorio. La nostra non è una semplice coabitazione, una decisione funzionale magari necessaria, ma è una scelta che implica l’avere a che fare, in modi e tempi diversi, con gli stessi ragazzi. Giovani che oggi vivono multi-appartenenze: questo rende ancora più urgente andare nella stessa direzione, soprattutto considerando che, laddove dovrebbe esserci maggior dialogo come nella scuola, accade spesso che il mondo degli adulti entri in conflitto. L’intero lo costruiamo solo insieme. Ciò che rende più bella vita dei nostri ragazzi è che gli adulti in contatto con loro si incontrino e si parlino».
Per questo, dice ancora don Guidi, il motto oratoriano di quest’anno deve essere un invito, una promessa mantenuta con il coinvolgimento dell’intera Comunità educante. «La prima porta che si apre in oratorio è quasi sempre lo sport e, per questo, la vostra responsabilità è enorme. Lo sport insegna e traduce il Vangelo e i suoi valori».
Infine, a conclusione della mattinata, don Albertini lascia e lancia alcune consegne: «Anzitutto, pensiamo alle ragioni di ciò che facciamo. Non siamo e non vogliamo essere, per riprendere le parole del Vescovo, un “parco giochi”. C’è un tema fondamentale che è quello della convocazione. Come avviene in una squadra, il coach convoca e chiama per nome. Così deve essere per i nostri giovani che, sentendosi convocati dal Signore, sono pronti a entrare in campo dando il meglio».
Ma per fare questo occorre uno stile, «quello dell’accoglienza che non esclude nessuno, ma sprona tutti a raggiungere un obiettivo impegnativo a cui puntare anche con proposte diverse, oltre lo sport, come gesti caritativi da vivere insieme come una squadra».
Senza mai dimenticare l’ascolto dei ragazzi stessi, per i quali uscirà a fine novembre una pubblicazione (a cura sempre di don Albertini) frutto di alcuni dialoghi con giovani sportivi. E, poi, la raccomandazione di prepararsi al meglio per la Celebrazione di Natale in Cattedrale del 17 dicembre e per l’appuntamento – già fissato al 22 gennaio 2018 – da vivere, attraverso l’ascolto di tante testimonianze del mondo dello sport di base, nella logica chiesta da papa Francesco in vista del Sinodo dei Giovani.