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Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Testimonianza

L’imam Tchina: «Don Alberti era un amico e un fratello»

Abdullah Dahmane Tchina, da 8 anni imam del Centro culturale islamico Milano Sesto, ricorda il sacerdote ambrosiano recentemente scomparso, artefice del dialogo con i musulmani nella Diocesi di Milano

di Annamaria BRACCINI

10 Settembre 2024
Abdullah Dahmane Tchina,

«Condoglianze alla Chiesa ambrosiana, alla comunità cristiana che è in Milano, in Lombardia e in Italia». Sono queste le prime parole che Abdullah Dahmane Tchina, da 8 anni imam del Centro culturale islamico Milano Sesto, dopo essere stato presente, prima, nella comunità musulmana di viale Padova e, poi, di Cascina Gobba, pronuncia con emozione, ripensando alla recentissima scomparsa di don Giampiero Alberti. «Con lui, che era un amico e un fratello, condividevo tanti ricordi», aggiunge, raccontando di aver pregato e invitato altri amici a pregare per don Giampiero, trovandosi qualche tempo fa alla Mecca.

Quando vi siete conosciuti? 

33 anni fa, quando il cardinale Martini lo aveva incaricato della missione di dialogare con i musulmani. Lui ci parlava della necessità di conoscerci a vicenda e, a sua volta, ci ha fatto conoscere tante persone, parroci, comunità parrocchiali. Noi, dalla nostra parte, l’abbiamo fatto conoscere alle nostre comunità e l’abbiamo ospitato sempre nelle nostre sedi. Non mancava mai nelle feste di inizio e di fine Ramadan quando portava i messaggi dell’Arcivescovo o per l’augurio nella Festa del Sacrificio. Abbiamo seminato bene con molte collaborazioni e incontri.

Avete sviluppato qualche progetto comune? 

Condividevamo l’attenzione per le coppie miste che abbiamo seguito con progetti specifici. Diverse volte sono stato a casa sua presso la parrocchia di Santa Maria Incoronata. Ci diceva sempre: “La mia casa è la vostra casa”. Mi sembra una frase bellissima. Abbiamo trovato in lui un uomo di passioni, di grande pazienza, di grande saggezza, di profonda conoscenza che sapeva comprendere musulmani, ebrei, cristiani, buddisti perché si calava come uomo, a livello personale, con tutto se stesso.  Aveva una missione in cui credeva profondamente e l’ha compiuta.

L’arcivescovo nel suo messaggio di cordoglio, scrive che don Alberti «fu uomo di cultura, di intensa vita spirituale, di carattere amabile» e che ha «dato testimonianza di sollecitudine e di lucidità nel dialogo». La sua presenza – e quella di tante autorità musulmane  nel territorio e gente comune – alle esequie presiedute dal vescovo Giuseppe Vegezzi, presso l’Incoronata, ha voluto indicare un dolore comune?

Certo, un dolore che ci ha coinvolto: abbiamo sentito la sua perdita e lo abbiamo voluto testimoniare alla sua famiglia e alla grande famiglia della Diocesi.