Pubblichiamo ampi stralci della prefazione al volume di Carlo Maria Martini Sciogliere il cuore.
I testi del cardinal Martini non smettono di interpellarci, anche a distanza di anni da quando scritti e pronunciati. Cambia, però, il motivo che li rende interessanti: non è più la spinta a conoscere le idee e le posizioni dell’arcivescovo di Milano, che sono radicate in un tempo ormai lontano e in vicende i cui contorni sono inevitabilmente sfumati; con il passare del tempo, a risultare generativo è piuttosto il suo approccio ai problemi, il metodo con cui li avvicina, li affronta e cerca possibili soluzioni. Questo vale anche per i testi qui raccolti, alcuni dei quali risalgono a più di tre decenni fa e che pure affrontano una questione che non perde di attualità con il trascorrere del tempo, cioè l’immagine della Chiesa, lo stile più appropriato per mettere in pratica la sua identità e la sua missione. Anzi, alcuni stupiranno il lettore per l’attualità del loro linguaggio: è il caso del testo che appare per primo, «La Chiesa degli apostoli: evangelizzazione e missione», che rilegge il processo del Sinodo 47° della Chiesa ambrosiana e che oggi non fatichiamo a riconoscere come una riflessione sulla sinodalità autenticamente ante litteram o, meglio, prima che la parola diventasse di moda.
Alla luce della Parola
Martini è universalmente considerato un “uomo della Parola” proprio perché il testo biblico è il suo costante riferimento, accostato però con un metodo preciso, che attualizza la grande tradizione della lectio divina di origine monastica, unendovi la competenza di biblista e la pratica personale della spiritualità ignaziana, che è alla radice della Compagnia di Gesù e dell’antropologia su cui si fonda. (…) Questa articolazione di Parola e vita è uno snodo cruciale del modo di procedere di Martini, in cui a chi lo sa riconoscere traspare con forza l’influsso degli Esercizi spirituali ignaziani. (…)
Un metodo per leggere la realtà
Se tradizionalmente la lectio parte dal testo biblico per arrivare al cuore e alla vita della persona, in molte occasioni Martini rimodula il metodo partendo «dai fatti della vita per comprenderne il significato e il messaggio alla luce della Parola di Dio». Lo scopo resta lo stesso: riconoscere quali passi ci spinge a compiere lo Spirito, la cui voce risuona negli avvenimenti, e così trasformare la propria vita e quella della comunità. Di fatto si tratta di un’applicazione della lectio biblica alle vicende della storia, in cui lo Spirito è misteriosamente presente; in questo modo, Martini integra in una chiave squisitamente spirituale la metodologia nota come “vedere-giudicare-agire”, che a partire dal pontificato di Giovanni XXIII è alla base dell’elaborazione della dottrina sociale della Chiesa.
Questa lettura spirituale degli avvenimenti richiede tre passaggi. Il primo, di cui Martini è indubbiamente un esperto, è l’ascolto della realtà, nel rispetto di tutte le sue sfaccettature, accettando anche il disagio di sostare negli interrogativi senza ricorrere sbrigativamente a risposte preconfezionate. L’ascolto non ha solo una valenza funzionale (raccogliere dati e informazioni), ma è innanzitutto espressione di un atteggiamento contemplativo nei confronti del mondo.
Dopo l’ascolto viene un passo di approfondimento, che punta a rintracciare le risorse personali e comunitarie su cui si può contare per andare incontro alle esigenze della realtà e discernere “la via della vita”. (…)
Da ultimo, il metodo, costruito sul paradigma del discernimento spirituale ignaziano, punta al passaggio all’azione, senza il quale resterebbe imprigionato in una sorta di astrazione fine a se stessa. Per usare il lessico di papa Francesco, il suo obiettivo non è occupare spazi, ma avviare processi. L’azione non è un gesto più o meno occasionale, ma un atto in cui una persona o una comunità si assumono la responsabilità di mettersi in gioco.
Una strada larga su cui camminare insieme
(…) Incamminarci su questa strada non è facile – lo riconosce Martini stesso -, ma è difficile immaginare qualcosa di cui possiamo avere più bisogno, perché oggi come in ogni tempo, «questo cammino pacifico di un popolo di uomini e di donne liberi e coscienti è in fondo l’unica speranza per un mondo scosso da conflitti e minacce». Per questo ci sono preziose le parole di un uomo che quella strada l’ha praticata per tutta la vita e, quindi, non solo ce la può indicare, ma è capace di accompagnarci nel cammino.
di Giacomo Costa
Vicepresidente della Fondazione Carlo Maria Martini; consultore della Segreteria generale del Sinodo
e Paolo Foglizzo
Redattore di «Aggiornamenti sociali»
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