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Sirio 16 - 22 dicembre 2024
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Milano

«L’eredità di Ambrogio è la vocazione alla fraternità universale»

Nella festa liturgica del Patrono l’Arcivescovo ha presieduto il Pontificale nella Basilica a lui intitolata, esortando a «resistere alla divisione che contrappone fratelli e popoli» tra ricchi e poveri, tra chi chiede accoglienza e chi la nega, tra chi commette violenze e chi le subisce

di Annamaria BRACCINI

7 Dicembre 2024
L'Arcivescovo all'elevazione (Agenzia Forogramma)

«Come sarà quel giorno in cui si troveranno vicini chi ha bussato alle porte d’Italia e d’Europa e chi ha chiuso la porta; chi ha chiesto di lavorare, di rendersi utile senza morire di fame e di guerra e si è sentito dire: “qui non puoi entrare perché non mi fido di te, perché ho paura, vai pure a morire altrove?». È un monito severo quello che l’Arcivescovo rivolge ai fedeli che gremiscono la Basilica di Sant’Ambrogio per il Pontificale nella solennità del Santo vescovo, patrono principale non solo della Chiesa che da Ambrogio prende il nome, ma anche della città di Milano e della Regione Lombardia. 

Un momento della celebrazione (Fotogramma)

Molte centinaia i milanesi presenti, come ogni anno, per questa Messa preceduta dalle Lodi mattutine, spesso definita “di popolo”, ma di grande solennità liturgica – a eseguire i canti è la Cappella musicale del Duomo -, con oltre 30 concelebranti, tra cui l’Abate della Basilica monsignor Carlo Faccendini, il suo predecessore, il vescovo monsignor Erminio De Scalzi, l’arciprete del Duomo monsignor Gianantonio Borgonovo e quello di Monza monsignor Marino Mosconi, membri del Cem, dei Capitoli della Metropolitana e di Sant’Ambrogio (insieme per l’unica volta durante l’anno) e i parroci di Claro e Biasca, paesi delle Tre Valli svizzere, un tempo appartenenti alla Diocesi, nelle cui comunità ancora si celebra in rito ambrosiano. Non mancano i diaconi permanenti e i seminaristi del Biennio teologico con educatori e superiori.  

Insomma, un momento in cui tutto – fuori e dentro la Basilica – parla di Ambrogio, nel giorno nel quale Milano diventa una “capitale” del mondo per i grandi eventi che segnano il 7 dicembre, data dell’Ordinazione episcopale del santo. Sulla cui cattedra marmorea, per l’occasione, siede l’Arcivescovo che avvia la sua omelia, appunto, da «come sarà quel giorno».

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Come sarà quel giorno?

«Quel giorno in cui nella luce di Gesù si vedranno così come sono, uomini e donne, senza ruoli, senza potere, senza folle di sostenitori, quando si troveranno vicini il povero, troppo povero, e il ricco, troppo ricco». Quel giorno, in cui «nella luce di Cristo risorto dovranno guardarsi negli occhi l’assassino e la sua vittima, chi ha bombardato e chi è morto sotto i bombardamenti, chi ha subito violenza e chi l’ha commessa».

Ed è proprio il pensiero di quel giorno – che può far paura, ammette l’Arcivescovo – ma che può anche renderci saggi, perché «tutti partecipi della stessa promessa, siamo in tempo per convertirci».

L’Arcivescovo durante l’omelia (Fotogramma)

Ambrogio: uomo dell’universalità cattolica

Il pensiero torna al Santo patrono, «che aveva una visione del mondo e dei popoli ispirata dalla universalità cattolica e dalla visione politica dell’impero romano. L’impero romano è finito da un pezzo, ma la coscienza della vocazione alla fraternità universale è irrinunciabile per noi che riconosciamo Dio unico Padre, che professiamo la fede cattolica e che crediamo che tutti sono partecipi della stessa promessa ed eredità», sottolinea, infatti, monsignor Delpini che subito aggiunge: «Per essere degni dell’eredità di Ambrogio noi siamo chiamati a condividere questa visione cattolica».

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Ma come farlo? «Seguendo Gesù e chiedendo l’intercessione di Sant’Ambrogio, siamo chiamati alla fraternità universale in cui tutti sono accolti. Fraternità che non è una confusione indistinta, ma un superamento della separazione tra le genti, quella che genera contrapposizione, nazionalismi e, infine, guerre. Noi siamo testimoni e discepoli chiamati a essere alla sequela Gesù, superatori capaci di tessere rapporti oltre le contrapposizioni. Occorre resistere alla divisione che contrappone i fratelli, i popoli».

Resistere alle divisioni

«La rovina dell’umanità e della civiltà è la divisione, una forma di schiavitù che ci rende schiavi di un padrone prepotente, invece che abitare nella casa della libertà», conclude l’Arcivescovo consegnando tre raccomandazioni. «La fraternità universale in cui tutti sono accolti, e hanno tutto in comune, non è una forma di comunismo, ma una pratica della solidarietà in cui i ricchi non sono troppo ricchi e i poveri non sono troppo poveri. Tre strade vorremmo percorrere: essere testimoni di una fraternità universale che supera le divisioni; vigilanti sull’insidia che divide e contrappone; solidali perché nessuno sia abbandonato e troppo solo».

Poi, al termine dell’Eucaristia, la discesa nella cripta per la preghiera a Sant’Ambrogio, con le famose espressioni del patrono tratte dal suo trattato De Virginibus e le intercessioni di fronte alle reliquie del Santo e dei martiri Gervaso e Protaso.  

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Le Celebrazioni Santambrosiane

Nella Basilica intitolata al Patrono venerdì 6 dicembre l'Arcivescovo rivolge il Discorso alla Città («Lasciate riposare la terra - Il Giubileo 2025, tempo propizio per una società amica del futuro») e sabato 7 presiede il Pontificale. Domenica 8 il Pontificale dell’Immacolata presieduto dall’abate Faccendini