«Vi affido un adempimento. In questi giorni siamo sconcertati da alcune vicende che succedono a Roma, nella Chiesa: dibattiti, accuse e insinuazioni. Noi reagiamo così, dicendo a papa Francesco che gli vogliamo bene e dimostrandolo. È disponibile l’Enciclica che il papa firma ad Assisi: cominciamo presto a leggere quello che ci dice nell’Enciclica che si rivolge a noi come “Fratelli tutti”. Questo è il testo che ognuno imparerà a leggere, non tanto per diventare esperti di un argomento, ma per esprimere il nostro affetto».
È questo l’impegno che l’Arcivescovo lascia ai giovani dell’intera Diocesi, radunati in Duomo, sul sagrato e via media per della Redditio Symboli con la consegna della Regola di vita dei 19enni. Redditio, quest’anno necessariamente un po’ diversa dal consueto per le cautele imposte dalla pandemia, ma sempre ricca di spunti di riflessione e di suggestione. Preceduta dalle Celebrazioni eucaristiche – per i 18-19enni in Duomo e per 20-30enni, divisi per Zone pastorali, nelle chiese del centro cittadino – la Veglia di preghiera si apre con l’accensione simbolica della lampada da parte di alcuni ragazzi e dell’Arcivescovo che si reca, poi, sul sagrato dove tante piccole luci, tenute in mano dai partecipanti, formano una sorta di tappeto luminoso. Accanto al vescovo Mario ci sono i vescovi, monsignor Paolo Martinelli, monsignor Giuseppe Vegezzi, monsignor Luca Raimondi; i vicari episcopali di Settore e per la Zona Pastorale I-Milano, don Mario Antonelli e monsignor Carlo Azzimonti, il responsabile del Servizio per i giovani e l’Università, don Marco Fusi, il responsabile della Sezione universitaria, don Marco Cianci e il direttore della Fom, don Stefano Guidi. Gli altri vicari di Zona e i sacerdoti rimangono all’interno della Cattedrale, dove ai piedi dell’altare maggiore, una piantina di ulivo richiama la Domenica “dell’Ulivo”, appunto voluta celebrata oggi in Diocesi. Sul sagrato voci di adulti di diverse età, espressione di realtà ecclesiali significative sul territorio, e di alcuni giovani in rappresentanza di decanati, associazioni, movimenti, portano la loro testimonianza. Inizia così il percorso “Senza indugio” proposto dal Servizio per i Giovani e l’Università come itinerario di animazione missionaria ispirato dalla pagina del Vangelo di Luca al capitolo 24, con il racconto dell’incontro tra Gesù e i discepoli a Emmaus, e dalle indicazioni dell’Esortazione post-sinodale “Christus vivit”.
L’omelia dell’Arcivescovo
In riferimento al Vangelo appena proposto (appunto, Luca 24), il vescovo Mario si rivolge ai giovani come a moderni discepoli di Emmaus capaci di convincere gli esitanti a seguire Gesù senza indugio.
«I giovani che hanno deciso di convenire per la Redditio non hanno preso una decisione epocale. Sono però venuti senza indugio e sono pronti a ricevere un mandato, alcuni anche a consegnare la regola di vita. Ho, quindi, un incarico da consegnare a tutti voi. Vorrei infondervi fiducia e dirvi la mia stima. Vorrei confidarvi che quando Gesù si è avvicinato ai discepoli nel cammino verso Emmaus li ha rimproverati come stolti e lenti di cuore, ma ha fatto quel cammino di circa undici chilometri perché si aspettava qualche cosa da loro, aveva stima di loro, sapeva che potevano capire e rispondere». Ma come guarire gli esitanti?
«Io consiglio di cominciare con i timidi, quelli che esitano a esporsi perché non hanno fiducia nelle loro risorse, non si sentono in grado di affrontare un contesto ostile che è incline a mettere in ridicolo, a censurare i testimoni coraggiosi e a insinuare sospetto su tutto e su tutti. A me sembra che ci sono molti vostri coetanei che sono esitanti per timidezza, anche se hanno aperto gli occhi e hanno riconosciuto Gesù. Come guarirete Timoteo, il timido e quelli come lui? In realtà, si deve imparare da Cleopa e dal suo amico. Erano in due: l’amicizia affidabile, la fraternità incoraggiante, la comunità che si raduna nel nome del Signore guarisce Timoteo. Due amici convinti sono invincibili, una comunità di discepoli ardenti può comunicare a molti una passione contagiosa».
Inoltre, l’Arcivescovo suggerisce di pensare a Sara, l’indaffarata. «Invece di proporre altri impegni a gente indaffarata, come talvolta facciamo noi preti, praticate e proponete una sosta, programmate il silenzio, almeno una volta alla settimana, invitate all’adorazione».
Infine, i «meno accessibili come Didimo, l’incerto», per cui è necessaria «la terapia dell’irradiazione della gioia, di quell’intima esultanza che vince lo scetticismo non con gli argomenti, ma con la speranza, non con i rimproveri, ma con la struggente intercessione perché lo Spirito di Dio vinca le resistenze e porti i suoi frutti anche nel cuore di Didimo: amore, gioia, pace, magnanimità, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé».
Da qui l’incarico: «Guarite gli incerti, gli esitanti, i timidi, gli indaffarati. A me interessa di meno che il Duomo sia pieno e di più che in tutta la terra vi sia un ardore. Mi interessa di meno avere belle parole e di più che condividiamo la speranza. Non ci aspettiamo gli applausi della città, ma sentiamo la responsabilità di dire alla città che davvero il Signore è risorto».
Poi, l’adorazione dell’Eucaristia, posta in altare maggiore, la preghiera, la consegna della Regola nelle mani dell’Arcivescovo che percorre la navata centrale, raccogliendola personalmente, mentre vengono letti alcuni pensieri del giovane Carlo Acutis, che verrà beatificato ad Assisi il prossimo 10 ottobre; il ringraziamento di don Fusi. «Il percorso “Senza indugio” – sottolinea – nasce proprio dall’immagine di Emmaus perché giovani e adulti possano camminare insieme con un itinerario formativo. Approfondiremo ciò che il Papa vuole affidare ai giovani in una prospettiva missionaria. In questo mese di ottobre invitiamo tutte le comunità a scegliere alcuni giovani per tale cammino che inizieremo a novembre». Itinerario che, conclude l’Arcivescovo, «speriamo di poter condividere anche a livello regionale con un grande evento».