«La consacrazione di una donna nell’Ordo Virginum è un segno per tutta la Chiesa contro i pericoli dell’individualismo e del collettivismo. Il segno che la vita è vocazione, che siamo chiamati per nome, che l’intenzione di Dio è la gioia di tutti». In Duomo, la voce dell’Arcivescovo risuona con una particolare forza e chiarezza, mentre presiede la celebrazione con il Rito di consacrazione di Jolanda Del Verme che diviene, così, la 109esima consacrata dell’“Ordo” in Diocesi. Tra le navate trovano posto le tante sorelle nella consacrazione, i genitori e i parenti della consacranda, nata e cresciuta ad Agropoli, in provincia di Salerno, ma milanese di adozione, impiegata e molto attiva nella sua parrocchia di Santa Maria di Lourdes. Concelebrano la Messa, alcuni sacerdoti che hanno accompagnato il cammino della candidata, tra cui il delegato arcivescovile per l’“Ordo Virginum” don Davide Milanesi, il suo collaboratore per i cammini formativi, don Giambattista Biffi, e il parroco della “Lourdes”, don Maurizio Cuccolo
In riferimento al vangelo delle Beatitudini, particolarmente caro alla neoconsacrata, don Milanesi, nel saluto di apertura, osserva: «Insieme a lei, la Chiesa tutta vive la beatitudine di un Dio ancora capace di risvegliare nel cuore di ogni uomo e donna la nostalgia di ciò che è vero, nobile, giusto, puro».
L’omelia dell’Arcivescovo
Dopo la chiamata per nome, l’accensione della lampada, posta in altare maggiore, e l’”Eccomi”, l’omelia del vescovo Mario è un richiamo a vedere nella consacrazione, «che non abilita a nessun particolare ministero, non conferisce nessun potere, nessun ruolo, nessun incarico» e che quest’anno per l’”Ordo” riguarda una sola donna, un segno
Segno necessario ed eloquente di fronte a una sensibilità del nostro tempo che «è segnata profondamente dall’individualismo, rischiando, quindi, di vedere tutto al singolare»
«L’enfasi sul singolare induce a diventare indifferenti verso la comunità: la Chiesa stessa diventa una organizzazione che deve approvare le mie scelte e garantire i miei diritti; è un grave pericolo per ogni persona, comunità, per ogni forma di vita consacrata o anche di vita cristiana laicale».
E, poi, dall’altra parte, c’è il pericolo opposto. «Il pericolo del collettivo che induce a vivere la vita cristiana come un insieme indistinto di persone considerate come numeri, come presenze operative, come ingranaggi di una organizzazione. Il punto di vista del collettivo induce a dare importanza all’insieme e quello che succede è spiegato dalle statistiche: quanti vanno a Messa, quanti battesimi vengono celebrati, quanti considerano il Papa una persona che conta nelle opinioni degli italiani, quanti saranno i preti, le suore per gli anni a venire», sottolinea l’Arcivescovo.
È per questo che la consacrazione è il segno che contrasta sia il singolare che il collettivo, perché «dice che la vita cristiana è vocazione, è rapporto personale con Gesù, una parola di amore che non è l’appello per una impresa, non è il reclutamento per una iniziativa., La consacrazione di una persona ricorda a tutti i credenti che non siamo un numero o un ruolo, ma ciascuno è chiamato per nome e che la vita cristiana è una vocazione personale».
Contro ogni fraintendimento umano (e magari di parte) della Chiesa, «la gioia di chi si consacra al Signore è un messaggio per tutti. Ecco che cosa vuole Dio: che le sue figlie e i suoi figli siano beati, felici, lieti», anche se «le vicende umane sembrano scrivere una storia al contrario, fatta di infelicità e di ingiustizia, Dio non vuole le disgrazie della gente». Solo uno – quest’ultimo – dei tanti pregiudizi del nostro tempo che non fanno vedere la verità, come quello che «induce a ritenere la Chiesa una istituzione anacronistica, antipatica, gravata da colpe e da difetti, mentre è bella e il Signore la abita come profezia del nuovo cielo e della nuova terra; terra di consolazione, terra di riconciliazione, terra di ristoro, terra della vita felice sottratta alla minaccia della morte».
Poi, il “Sì, lo voglio” tanto atteso, le Litanie dei Santi, il rinnovo del proposito di castità, la preghiera di consacrazione e i Riti esplicativi attraverso i segni della consegna dell’anello, – che esprime l’unione sponsale e la fedeltà a Cristo – e del Libro della liturgia delle Ore, la preghiera della Chiesa, ricevuto dall’ormai consacrata come dono e impegno.