«Non state chiusi con Gesù Cristo nelle sacrestie, lasciatelo uscire!». Sono parole di papa Francesco rivolte all’Azione cattolica. Parole che Silvia Landra, la presidente dell’Ac ambrosiana, evoca in apertura della sua relazione di fine triennio per l’Assemblea diocesana elettiva che si celebra oggi, domenica 13 settembre.
Parole, dice, che ci invitano a non tenere «Gesù in ostaggio» ma a portarlo alla gente. Landra parla a un’Assemblea dal punto di vista organizzativo stravolta dalla pandemia che aveva costretto a sospenderne la convocazione lo scorso 23 febbraio e che ora si celebra in forma inedita: in parte attraverso lo schermo dei computer e in parte decentrata sul territorio, in ben otto sedi diverse, per permettere la partecipazione fisica dei delegati all’approvazione del documento programmatico del prossimo triennio e all’elezione del nuovo consiglio diocesano.
L’intervento della presidente uscente, registrato in video e già disponibile online, è insieme un bilancio di quanto vissuto dall’associazione e uno sguardo sulle sfide che l’aspettano nel futuro. Sfide che dovranno fare i conti anche con lo scenario provocato dal virus. E così l’invito del Papa a «uscire» suona paradossale ma insieme profetico dopo l’esperienza del lockdown le cui conseguenze in termini di paura e disorientamento si registrano ancora nel mondo ecclesiale.
Come sarà l’Ac di domani? La presidente Landra ne è certa: sarà un’associazione più «leggera» perché l’apparato organizzativo è stato semplificato, perché il numero dei soci non è più quello di un tempo (anche se in linea con il calo di partecipazione che le parrocchie registrano alle Messe domenicali e nella richiesta dei sacramenti), ma soprattutto per essere più «dinamica». È la sfida del tempo presente in cui tutto cambia molto in fretta e in cui (il coronavirus lo insegna) non si può prevedere ogni cosa e servono «piccoli gesti, piccoli contesti, piccole aggregazioni che sappiano fare una grande luce!». È ciò che chiede anche papa Francesco a tutta la Chiesa, quando la immagina come «ospedale da campo», cioè un tendone in grado di spostarsi rapidamente dove occorre e capace di adattare il suo perimetro alla realtà in cui opera.
L’Ac, specifica però la presidente, continuerà a tenere alcuni punti fermi. Il primo è la qualità dei percorsi formativi, che nella fase di verifica sul territorio è stato uno degli elementi di forza dell’associazione unanimemente riconosciuto. Una formazione pensata per i laici – ragazzi, giovani e adulti – e «che parta dalla vita, come già l’Ac propone», specifica Landra, ma «facendolo in modo capillare, diffuso, che diventi veramente abituale». Poi, spiega la presidente, «scegliamo di stare familiarmente dentro la Chiesa diocesana, anche quando siamo dislocati in tutti, ma proprio tutti, i luoghi laici della vita e in quei luoghi viviamo la forma principale della nostra missione».
Ma essere laici significa, appunto, non stare solo «dentro le sacrestie». E allora l’Ac punta sulla «fantasia missionaria» che si concretizza soprattutto nell’essere da cristiani «cuori pulsanti nella città»: promotori di «luoghi stabili e abitati nei quali chi attraversa la città si possa fermare, per il tempo che riesce, e condividere Parola, parole, silenzio e opere di vera, intensa e silenziosa carità. Vuol dire accoglienza nelle famiglie, dinamiche agili di incontro da inventare nei condomini e nei caseggiati, silenzi favoriti in luoghi che richiamano al mistero e alla presenza di Colui che ci ama tutti senza distinzioni».
In una Chiesa che voglia rinnovarsi, l’Azione cattolica non può che provare ad essere l’avanguardia, protagonista di sperimentazioni inedite, di forme di annuncio fuori dagli schemi. Così, conclude la presidente Landra, «si intravede una nuova struttura dell’Ac, frutto della fede e dell’entusiasmo di chi oggi ancora si lascia attrarre dallo Spirito che mai dimentica di condurre il tempo verso il compimento e perciò alza lo sguardo e vede lontano».