«La celebrazione del mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio non può essere un guardare indietro: piuttosto, imitando Paolo, protesi verso ciò che sta di fronte, corriamo verso la meta»: è uno dei passi conclusivi della «Lettera per il tempo di Avvento» che l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, ha compreso nella sua Proposta pastorale 2019/2020 La situazione è occasione, intitolandola appunto Corro verso la meta in richiamo a un passaggio della Lettera paolina ai Filippesi, icona biblica dell’anno.
«Il tempo di Avvento viene troppo frequentemente banalizzato a rievocazione sentimentale di un’emozione infantile», nota l’Arcivescovo. Nella pedagogia della Chiesa, invece, «l’Avvento è tempo di grazia per orientare tutta la vita nella direzione della speranza cristiana…». Una virtù, la speranza, nettamente distinta dalla semplice «aspettativa», che è «frutto di una previsione, programmazione, di progetti» e «spinge avanti lo sguardo con cautela per non guardare troppo oltre, circoscrive l’orizzonte a quello che si può calcolare e controllare». La speranza, invece «è fondata sulla fede» e consente allo sguardo di «spingersi avanti, fino alla fine», perché «non sono le risorse e i desideri umani a delineare che cosa sia sensato sperare, ma la promessa di Dio».
Oltre a resistere al condizionamento e alle pressioni «a vivere questo periodo come un tempo orientato ad alimentare buoni sentimenti per una sorta di regressione generalizzata, infantile, provvisoria e consumistica», si chiede di curare le celebrazioni: in molte comunità la novena di Natale raduna i bambini «con proposte orientate a raccogliere il messaggio della nascita di Gesù e a evocare i sentimenti del presepe», ma anche gli adulti devono prepararsi al Natale attraverso «la contemplazione e la preparazione alla confessione».
L’Avvento è «tempo propizio per imparare a pregare». La Chiesa ambrosiana dispone di «un patrimonio di preghiere e di devozioni» di diverse origini, la cui condivisione «se ben pensata e ben gestita, contribuirà a tenere vivo lo stupore per una Chiesa viva, a proprio agio nella storia e nella cultura di ogni popolo». In questa ottica, l’Avvento può essere occasione per «conoscere più da vicino la gioia e la speranza dei consacrati e delle consacrate, a raccoglierne la “provocazione” a confrontarsi con una scelta di vita e con una testimonianza di vigilanza nell’attesa». Con una particolare attenzione alla «testimonianza peculiare della vita contemplativa». «Molte comunità di vita consacrata sono composte da persone di diversa cultura – sottolinea ancora Delpini -: dobbiamo chiedere che aiutino tutta la comunità cristiana come “laboratori” della Chiesa dalle genti che stiamo costruendo».
Con l’auspicio che la «presenza incoraggiante e feconda» di Maria «accompagni la nostra esperienza di fede», nella parte conclusiva la Lettera richiama gli impegni e le fatiche che solitamente accompagnano l’Avvento per «i preti, i diaconi e tutti i collaboratori che visitano le famiglie, coloro che promuovono momenti di preghiera, di ritiro, di approfondimento teologico e culturale». «L’esagerazione nel fare rischia di inaridire l’anima, se non pratica un ritmo sostenibile di preghiera e di riposo», avverte l’Arcivescovo, che raccomanda: «È bene che anche i preti e gli operatori pastorali possano trovare nel tempo di Avvento momenti di ritiro, di condivisione, di fraternità per ricreare le energie da destinare al servizio della comunità, tenere vive le motivazioni e perseverare nella speranza».