Il mondo contemporaneo, poliedrico e in costante trasformazione, è attraversato da molteplici crisi di varia natura: economiche, finanziarie, del lavoro; politiche, democratiche, di partecipazione; ambientali; demografiche e migratorie, e così via, con conseguenze che quotidianamente si dimostrano sempre più drammatiche, ripercuotendosi sulla società in modo spesso distruttivo e disgregante.
Il Papa: «Una unzione di dignità»
Uno degli ambiti maggiormente interessati da questa situazione di crisi è quello del lavoro, in tutte le sue sfaccettature: lavoro che manca, lavoro povero, ovvero sottopagato, lavoro che non tutela la dignità del lavoratore, e così via. Lo stesso papa Francesco, con chiarezza, ha affermato in proposito che «la dignità della persona… viene dal lavoro. Il lavoro è un’unzione di dignità». Questa prospettiva, ancorata nella dottrina sociale della Chiesa, ci orienta verso una visione autentica del lavoro, considerandolo non solo come una necessità economica, ma come un terreno fertile per la realizzazione individuale e la costruzione del bene comune.
L’Arcivescovo: «Un discernimento paziente»
Nella Proposta pastorale Viviamo di una vita ricevuta l’Arcivescovo ci invita a discernere attentamente sull’evoluzione dei processi lavorativi. Egli sottolinea la necessità di individuare rischi e opportunità nel contesto odierno per realizzare un lavoro pienamente umano. Afferma che «l’evoluzione dei processi lavorativi è così rapida, complessa e confusa che si corre il rischio di rassegnarsi a essere spettatori impotenti o vittime inermi di un sistema incomprensibile. Occorre invece la pazienza di operare un discernimento, per individuare i rischi e le opportunità che il contesto odierno pone, per la realizzazione di un lavoro pienamente umano. Non basta esprimere giudizi, bisogna avere anche il coraggio di valorizzare e di incoraggiare quelle innovazioni tecniche e organizzative che consentono di rendere il lavoro più umano, più soddisfacente e generativo, per orientarne lo svolgimento verso la partecipazione di tutti alla costruzione del bene comune».
Il convegno
In risposta a questo appello, la Pastorale Sociale e del Lavoro, insieme all’Università Cattolica, promuove una mattinata di studio e approfondimento dal titolo «Del Lavoro e della Persona», in programma mercoledì 21 febbraio nell’Aula Pio XI dell’ateneo (largo Gemelli 1, Milano; info: sociale@diocesi.milano.it)
L’incontro, con la partecipazione di diversi relatori e le conclusioni dell’Arcivescovo, mira a risvegliare la domanda di senso sull’esigenza di significato del lavoro, soprattutto per le nuove generazioni, sui diversi processi formativi ed educativi, e a esaminare alcune questioni relative alle fragilità del mondo del lavoro odierno, con particolare attenzione alla questione del “lavoro povero.”
Attraverso i molteplici interventi proposti, miriamo a stimolare processi di rinnovamento e a identificare strategie concrete per affrontare le sfide delle fragilità nel mondo del lavoro con un approccio interdisciplinare, in cui le diverse prospettive dei relatori muovono dal comune punto di vista della centralità della persona, arricchendosi a vicenda e abbracciando quella prospettiva di umanesimo integrale e solidale, in cui si riconosce che «la vera ricchezza sono le persone». La sessione del convegno vuole dunque essere un’occasione per riflettere e dialogare congiuntamente, affrontare le sfide attuali e provare a costruire un futuro lavorativo basato sulla dignità e sulla valorizzazione della persona.
Il ruolo dell’Università
Il convegno, che vede la sinergia della Chiesa di Milano con diversi enti formativi, tra cui l’Università Cattolica, si svolge proprio nella sede dell’ateneo: un luogo simbolico, dove lavoro e studio, formazione e ricerca si intrecciano, sempre alla luce della dottrina sociale della Chiesa e del Vangelo, che indicano la strada dell’umanizzazione di tutti i processi sociali. Proprio l’Università, dove le giovani generazioni si avviano a completare la loro formazione, ci chiama con urgenza anche a rinnovare il patto educativo tra le generazioni, perché possano sostenersi e arricchirsi a vicenda, uscendo da una logica di scontro e contrapposizione.
Questo processo, fondato sulla promozione della cultura dell’ascolto e del dialogo, l’adozione di una prospettiva globale della speranza, l’implementazione di politiche di inclusione e la costruzione di reti di cooperazione e di prossimità, non solo influenza l’esperienza formativa e l’atto di insegnare, ma permea anche l’attività di studio e di ricerca. Siamo chiamati a formare, educare a un nuovo umanesimo del lavoro, dove l’uomo, e non il profitto, sia al centro; dove l’economia serva l’uomo e non si serva dell’uomo.