Pregare, accogliendo le indicazioni del Papa (che ha indetto una giornata di digiuno e preghiera il 2 marzo). A dirlo in un’intervista sul conflitto incombente tra Russia e Ucraina è l’Arcivescovo. «Io sarei contento – prosegue – se si potesse immaginare, anche se so che è un’utopia, di andare là, sul confine, camminando, mettendosi tra gli avversari, recitando il Rosario in questa desolazione per dire che i cristiani cercano la pace, si mettono di mezzo, intercedono, come ricordava il cardinale Martini e mettono a rischio se stessi perché non vi sia una tragedia irreparabile».
«Preghiamo, digiuniamo, ma vorremmo fare qualcosa di più e, allora, io mi impegno e chiedo a tutti di farlo, a dire una decina del Rosario. Con una preghiera semplice chiediamo che la pace ritorni, che la ragionevolezza vinca sulle emozioni, sulle mire strategiche, sulle prepotenze, sulle rivendicazioni».
La responsabilità delle istituzioni
Il pensiero di monsignor Delpini va anche alla responsabilità delle istituzioni e della politica: «Lo strazio che provoca questo modo di fare politica che crea contrapposizioni, che si esprime con le minacce, che non tiene conto del popolo ma solo delle forze in campo e degli interessi in gioco, è una tragedia che umilia l’umanità. È una costrizione a prendere coscienza con realismo che non c’è progresso verso la pace se le persone non lo vogliono, se le istituzioni non lo costruiscono, se coloro che hanno responsabilità non rivelano intelligenza, lungimiranza, fermezza. Abbiamo la certezza che ogni guerra, ogni minaccia, ogni ricatto, ogni forma di prevaricazione è un danno per tutti. È un danno per tutta l’umanità. E in particolare per questa gente che abita territori già da anni sottoposti a questa pressione».
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