L’arrivo sul sagrato del Duomo in una mattina pungente di freddo, ma piena di sole, il Duomo con i suoi tanti fedeli e preti riuniti attorno al feretro posto a terra ai piedi dell’altare maggiore con l’Evangeliario aperto alla pagina della Risurrezione. La Messa di suffragio di monsignor Giovanni Giudici, scomparso all’età di 83 anni il 18 gennaio scorso, racconta – forse meglio delle parole – chi fu don Giovanni, come molti lo chiamavano con semplicità, e cosa rappresentò per la Diocesi di Milano (era nato a Varese il 6 marzo 1940, divenendo sacerdote ambrosiano nel 1964), per la Chiesa di Pavia di cui fu vescovo dal 2004 al 2015 e per tante altre realtà ecclesiali.
Presieduta dall’Arcivescovo, concelebrata da nove Vescovi – tra cui l’attuale vescovo di Pavia, Corrado Sanguineti, il vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada, il vicario generale della nostra Diocesi Franco Agnesi -, da una cinquantina di preti, dagli Ausiliari ambrosiani e dagli emeriti, dai membri del Cem e del Capitolo metropolitano della Cattedrale con l’arciprete monsignor Gianantonio Borgonovo, che aveva poco prima accolto la salma all’ingresso del Duomo, la celebrazione vede la presenza dei parenti, degli amici e collaboratori del defunto, di autorità come il sindaco di Varese Davide Galimberti, dei vertici dell’Azione cattolica ambrosiana con il presidente Gianni Borsa. Un’immagine simbolica del cordoglio unanime per la morte di monsignor Giudici e dei molteplici rapporti di amicizia e affetto da lui creati negli anni, essendo stato assistente dei giovani dell’Ac diocesana, parroco a Milano, Vicario episcopale di Zona II (Varese) e Vicario generale dal 1991 al 2003 con il cardinale Martini, nominato vescovo nello stesso anno da Giovanni Paolo II, pastore di Pavia e poi emerito.
I discepoli dei preparativi
Un discepolo disponibile, per usare le parole dell’Arcivescovo nella sua omelia.
«I discepoli dei preparativi sono quelli disponibili, quelli di cui Gesù può fidarsi, come Pietro e Giovanni. I discepoli dei preparativi sono i primi che vengono in mente quando hai bisogno un servizio. Gesù sa che non dicono di no, che non si sentirà rispondere: “Aspetta che guardo l’agenda”. I discepoli dei preparativi sono quelli che non si accontentano di eseguire e non si ritengono autorizzati a qualsiasi scelta. Ascoltano e domandano. Hanno il desiderio di interpretare quello che il Maestro dice con i criteri del Maestro. Non presumono di saperne più del Maestro. Non si orientano a scelte arbitrarie: avendo capito quello che c’è da fare, semplicemente lo fanno».
Insomma, coloro – prosegue – che «non cercano di farsi notare, che non devono dimostrare di essere originali o migliori degli altri. Fanno bene, fanno presto, ma non pretendono apprezzamenti, elogi, riconoscimenti. Si comportano come coloro che si sentono solo dei servi che non hanno invidia l’uno per l’altro, ma che hanno un mandato e a questo si dedicano».
Il mandato di preparare la Pasqua come, appunto, fece per l’intera sua vita il vescovo Giovanni, di cui, nota ancora monsignor Delpini, «si possono dire molte cose: ha vissuto a Milano molti anni e ha ricoperto molti ruoli di responsabilità, era dotato di molte qualità e si è fatto apprezzare da tutti. Ha meritato la fiducia dei Vescovi e in particolare dal cardinale Martini che l’ha apprezzato, trovato amico e confidente, voluto come suo Vicario generale. Ma in questo momento di preghiera mi sembra che si possa anche semplicemente dire che è stato un discepolo dei preparativi. Ora si può dire che i suoi occhi si aprono su un nuovo cielo e una nuova terra e finalmente per don Giovanni è possibile, come annuncia l’Apocalisse, finire la fatica dei preparativi e attingere alla fonte dell’acqua della vita. Ora, finalmente, può celebrare la Pasqua che per tutta la vita ha preparato».
Il saluto finale
Espressioni, queste, che tornano a conclusione della Messa esequiale – i funerali solenni verranno celebrati nel Duomo di Pavia lunedì 22 gennaio alle 10 – ancora con un pensiero dell’Arcivescovo. «Monsignor Giudici ha fatto bene a molti. Ma se capisco bene, Giovanni vorrebbe dire grazie. Grazie agli amici di una vita con cui ha condiviso il pensiero, la passione apostolica, la ricerca delle strade da percorrere come Chiesa del post-Concilio. Grazie alle istituzioni con cui ha sempre avuto un rapporto di collaborazione sincera; grazie a chi, preti e laici, lo ha accompagnato negli ultimi anni a Varese e a tutti quelli hanno percorso con lui un periodo significativo della Chiesa. Credo che i parenti e tutti noi dobbiamo sentire questo grazie. Don Giovanni festeggiava il suo onomastico nella festa liturgica di san Giovanni Bosco, un prete dedito con tutte le sue forze ai giovani e al rinnovamento della Chiesa. Mi sembra che anche il suo onomastico – ha concluso l’Arcivescovo prima accompagnare, con i Vescovi concelebranti, il feretro sul sagrato e di benedirlo – possa essere di incoraggiamento a imitare i preti, vescovi e laici che ci insegnano a essere discepoli».
Continuano, intanto, a giungere a monsignor Delpini messaggi di cordoglio, come quelli di monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi – Giudici ricoprì la stessa carica dal 2009 al 2014 – e del Patriarca Caldeo di Baghdad, il cardinale Louis Raphael Sako, che conobbe il Vescovo scomparso a Kirkuk in Iraq nel 2011. «Non era difficile – scrive il Porporato – scoprire in lui una persona umile e mite con uno spirito cordiale. Un uomo della Chiesa che cerca la verità, ma anche un difensore della dignità umana e della pace nel mondo tramite Pax Christi».
Il presidente nazionale di Azione Cattolica, Giuseppe Notarstefano e l’assistente generale monsignor Claudio Giuliodori affidano, invece, a un telegramma il ricordo, ringraziando dell’«instancabile servizio, dell’inesauribile zelo dimostrato durante il suo ministero episcopale e in tanti anni di appassionato servizio all’Azione Cattolica in qualità di assistente diocesano».