Una serata di riflessione, raccoglimento nella preghiera, grande musica e letteratura. Questo il clima vissuto da molti fedeli laici di tutte le età, sacerdoti e religiose, che hanno affollato la Basilica prepositurale di San Nicolò a Lecco nell’atteso appuntamento con l’Arcivescovo, il primo della serie in programma nelle Zone pastorali fino alla fine di settembre (leggi qui), per approfondire il senso della Proposta pastorale 2022-2023. Accanto all’Arcivescovo in altare maggiore, per l’occasione, il Vicario episcopale di Zona monsignor Maurizio Rolla e don Massimo Berera.
Tra letture e musica
Dopo l’introduzione di monsignor Davide Milani, prevosto e decano di Lecco, la suggestiva lettura di due brani di san Giovanni Paolo II, definito «uno dei più grandi maestri di preghiera del tempo contemporaneo», – con stralci da Varcare la soglia della speranza e della splendida poesia giovanile Canto del Dio nascosto proposti dall’attore Matteo Bonanni – si è alternata a diversi momenti di elevazione musicale eseguiti all’organo dal maestro Gianluca Cesana. Senza naturalmente dimenticare la Parola di Dio, la recita corale del Salmo 31, la proclamazione del Vangelo di Luca al capitolo 11 e l’esposizione di alcune espressioni della stessa Proposta pastorale, con l’indicazione di dedicare l’anno appena iniziato alla preghiera perché «diventi pratica costante». Si prega anche per la Giornata del Seminario e per la Missione vocazionale, che dal 14 al 18 ottobre porterà nel Decanato di Lecco 41 seminaristi di Venegono.
Perché pregare?
Appunto dall’obiettivo della Proposta si avvia la riflessione dell’Arcivescovo, che non ha nascosto «le critiche perché pareva ad alcuni che – con tutti i problemi di oggi, come la guerra, la pandemia o la crisi economica – fosse un ripiegarsi su cose interne alla Chiesa». «Eppure – prosegue – ho la persuasione che la Proposta pastorale decisiva sia l’anno liturgico, cioè la celebrazione del mistero di Cristo incarnato, che ha predicato il Vangelo, è stato condannato, è morto ed è risorto. Un mistero che mai, come in questo tempo, rischia di essere irrilevante nella vita delle persone e persino delle nostre comunità, che sono generose, ma nelle quali queste opere così meravigliose vengono raccontate con tristezza, guardando solo al lamento e a quello che manca». Come a dire che le opere buone sembrano viaggiare parallele alla preghiera, senza fecondarsi reciprocamente e incontrarsi mai o, perlomeno, raramente.
«Non ho voluto scrivere un’enciclopedia sulla preghiera, ma vi invito a riflettere sul perché la preghiera, la celebrazione, l’Eucaristia non trasfigurano la vita. Talvolta constatiamo che usciamo di Chiesa come siamo entrati, senza la gioia di cui parlano i Vangeli», sottolinea monsignor Delpini.
Che fare, quindi? «In sostanza bisognerebbe imparare a celebrare la Messa, a curare la celebrazione perché non sia solo un rito perfettamente o imperfettamente eseguito, ma perché divenga l’incontro che trasfigura la vita. L’incontro con Gesù non sia solo un invito a pregare di più, ma quella trasfigurazione che mette in noi una gioia e una speranza invincibili. Se Cristo è risorto, la morte è vinta: dobbiamo per questo avere speranza, avere l’esigenza della carità esigente, costante, attenta ai rapporti, sentire la responsabilità della missione, dell’edificazione della Chiesa dalle genti con l’urgenza di portare il Vangelo a questo mondo che con tutto quello che fa è comunque disperato. Dobbiamo essere donne e uomini di preghiera, perché partecipiamo alla preghiera liturgica, perché da lì scaturisce quella personale e deriva l’intraprendenza di persone che pregano anche se non c’è Messa o il sacerdote. Gente di preghiera perché la preghiera non sia una pratica come un’altra».
La consegna
Da qui la consegna del compito ai Consigli pastorali «che devono elaborare il percorso di questo anno che si apre; che vivono la riduzione dei numeri non come una penitenza, ma come un’esperienza spirituale in cui Gesù è presente. I Consigli sperimentino così il loro servizio, provino a leggere la Proposta attraverso le tre parole della liturgia che ho utilizzato come titolo: Kyrie, che significa riconoscere Gesù presente e consegnargli la vita; Alleluia, che è il canto corale dell’assemblea di Pasqua che sperimenta la gioia; il sì dell’Amen. I Consigli si interroghino su come la preghiera della comunità faccia la Chiesa: curino il canto, le letture, i chierichetti, l’ordine e i fiori e anche il congedo dei fedeli alla fine delle celebrazioni. Per fare questo si seguano i corsi di formazione che la Diocesi offre». E, poi, naturalmente, l’attenzione alla preghiera nelle famiglie, per cui l’Arcivescovo annuncia la pubblicazione de Il libro della nostra preghiera, «per superare l’imbarazzo di pregare in casa».
E ancora: «Occorre chiedersi come promuovere e formare i Gruppi di ascolto della Parola perché si rinnovino; come animare la preghiera delle città e dei Comuni, magari aprendo chiese che sono chiuse, per radunarsi insieme a recitare il Rosario, la Liturgia delle Ore. Si valorizzino coloro che vivono la vita consacrata come persone che pregano e sanno insegnare a pregare. Cerchiamo anche le modalità per partecipare alla Preghiera mondiale del Papa (l’Apostolato della preghiera di un tempo)». E conclude: «Desidero incoraggiarvi: io prego per voi e confido che voi preghiate per me».
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