Amministrare i beni con responsabilità, sentendosi a servizio della Comunità e della Chiesa nella sua missione di evangelizzazione e di carità. È quanto chiede l’Arcivescovo ai membri dei Consigli per gli Affari Economici Parrocchiali (Caep) che incontra a Milano, nella Basilica di Sant’Ambrogio, nel primo dei quattro incontri interzonali a loro dedicati: presenti molti membri degli organismi di parrocchie e Comunità pastorali delle Zone I e VII, con i rispettivi Vicari episcopali e il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi. L’assemblea – spiega in apertura il Vicario di Zona I, monsignor Carlo Azzimonti – è «un’occasione preziosa» per dialogare e confrontarsi «sulle finalità dei Caep, che richiedono particolare cura e attenzione, non essendo i Consigli una società immobiliare, ma uno strumento per gestire i beni della Chiesa a cui tali beni servono». Chiara l’importanza di questi Consigli formati da laici, che l’Arcivescovo saluta tutti personalmente prima dell’incontro e ai quali dona, al termine, la sua Lettera Amministrare con responsabilità – Lettera ai membri dei Consigli degli affari economici parrocchiali (in libreria dal 21 febbraio).
La normativa
«La norma antica limitava, con grande chiarezza, i compiti dei laici amministratori e affidava prioritariamente l’amministrazione ai presbiteri che assumevano l’istanza ecclesiale», evidenzia il cancelliere arcivescovile, monsignor Marino Mosconi, ricordando che, in seguito, il Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis «ha chiamato i presbiteri ad amministrare insieme ai laici», laddove con Ecclesiae Imago (1973) si è chiesto appunto ai laici di avere, oltre a competenza e onestà, «amore per la Chiesa e l’apostolato». Da tutto questo è derivato il Canone 537 del Codice di Diritto canonico – e il Direttorio diocesano -, per cui i Caep sono gli unici Consigli obbligatori delle parrocchie a livello universale: «Organo che deve sentirsi anche moralmente responsabile, per esempio, di un oratorio non a norma o della presenza di persone che lavorano nella realtà, ma non contrattualizzate. Seppure la responsabilità giuridica rimane del parroco, infatti, il Codice sottolinea che i consiglieri hanno non solo il diritto, ma il dovere di esprimere il loro parere».
Gli interventi dei consiglieri
Prendono la parola due laici: Paola, commercialista, della parrocchia di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, e Giovanni, funzionario di banca, nel Caep della Beata Vergine Assunta in Bruzzano.
Se per la prima «nella gestione finanziaria di una parrocchia bisogna avere una visione a lungo termine, anche se non mancano problemi nel presente di fronte alle spese di mantenimento, reggendoci noi solo sulle offerte dei fedeli», il secondo nota la necessità «di trasparenza, chiarezza e comunicazione, sia nei rapporti con il parroco, sia verso la comunità nel suo insieme, e l’aiuto venuto dall’aprirsi al Decanato in una situazione economica ereditata e difficile».
Entrambi testimoni «di atti di generosità commovente», sono l’espressione della possibilità di buone pratiche come, per esempio, aver ristrutturato un appartamento a Santa Maria Annunciata o aver scelto azioni di sobrietà alla Beata Vergine Assunta, dove i parrocchiani, che «si alternano nelle pulizie dell’oratorio», sperimentano «iniziative spontanee e creative».
La gratitudine e le richieste dell’Arcivescovo
«Vorrei esprimere la mia gratitudine e lo faccio scrivendovi una lettera – dice da parte sua l’Arcivescovo -. I beni che gestite sono della Chiesa – ovviamente in capo al singolo ente come la parrocchia – e, dunque, la loro natura e la normativa canonica ed ecclesiale chiedono di essere conosciute. Se fate parte del Consiglio significa che avete la stima del parroco e questo deve essere reciproco. Non tutti i preti sono bravi amministratori: il parroco è il rappresentante legale, portando le conseguenze delle scelte, ma può essere sostenuto e trovare sicurezza in voi».
E, ancora, «grazie perché vi prendete carico della vostra parrocchia. Ve ne sono alcune in equilibrio e serene – ciò è molto spesso frutto dell’azione del Caep -, ma altre sperimentano l’inadeguatezza delle risorse rispetto alle uscite. Non è semplice e ringrazio, quindi, in modo particolare quanti fanno parte di comunità povere. Così, con saggezza amministrativa, le parrocchie più facoltose devono ricordare che i beni non sono fatti per arricchirsi. Il lusso, comunque, è uno sperpero rispetto alle necessità dei poveri. Occorre solidarietà». La questione è quella della perequazione, sulla quale da tempo si riflette e si agisce concretamente attraverso una Commissione dal titolo illuminante, “Il vantaggio è la comunione”.
Continua l’Arcivescovo: «Inoltre vi ringrazio per lo stimolo che potete dare alla comunità, comunicando i criteri irrinunciabili nell’amministrazione: l’accortezza nella gestione, l’osservazione della normativa canonica e civile, la trasparenza, l’assenza di interessi personali, il rendere conto al Vescovo, l’affidabilità che dipende dalla limpidezza e dalla libertà spirituale che non cerca il proprio interesse».
Due le richieste. In primis «un aiuto, perché stiamo vivendo un tempo in cui l’amministrazione della comunità attraversa passaggi delicati, per la diminuzione delle offerte, l’impoverimento delle persone, la diminuzione numerica dei fedeli praticanti e l’innalzamento della loro età. Non vogliamo una Chiesa ricca in mezzo ai poveri, tuttavia siamo impensieriti, avendo una tradizione di abbondanza degli immobili difficili da gestire. Vi domando aiuto anche perché la normativa e i rapporti con la pubblica amministrazione complicano le cose e non sempre l’ente pubblico riconosce il servizio altrettanto pubblico che la parrocchia svolge, magari, con l’oratorio festivo o il ricorso alla Caritas. Infine, aiuto nella ricerca delle risorse, intensificando iniziative corrette, mirate e commisurate agli scopi, per reperire risorse per la vita della parrocchia e per il sostentamento del clero. È doveroso che le singole comunità mantengano i loro preti, oltre l’8×1000, anche con le offerte deducibili. Fate crescere una sensibilità condivisa per cui il fedele sente naturale contribuire al bene della comunità».
Infine, «riflettere sulle responsabilità»: «I parroci talvolta lamentano di essere oppressi dalla difficoltà delle procedure nel gestire i beni e questo toglie forze all’attività pastorale. Dobbiamo trovare forme in cui vi sia non solo collaborazione, ma corresponsabilità, attraverso deleghe per l’adempimento dei passi che l’amministrazione ordinaria e straordinaria prevede. Per questo abbiamo pensato a una figura, anche stipendiata, che possa farlo».
Indicazioni e materiali
A concludere l’incontro è monsignor Bruno Marinoni Moderator Curiae e Vicario episcopale per gli Affari generali, che prospetta «alcune indicazioni, molto concrete, che permettono di essere corresponsabili».
Anzitutto, «la capacità di costruire insieme un metodo di scelta, non semplicemente offrendo un parere, ma maturando un cammino sostenibile economicamente, a medio e lungo termine, perché dobbiamo preoccuparci di come lasciare la nostra comunità a chi verrà dopo di noi». A tale scopo, è stata elaborata una sezione dedicata appositamente ai Consigli per gli Affari economici, con la presentazione di testi, documentazione e materiale utile. Un link in progress, «che ci permette di avere un dialogo diretto con i consiglieri degli Affari economici. Vorremmo avere un referente in ogni Consiglio, per inviare materiale (che verrà comunque mandato anche al parroco), al fine di avere un quadro più ampio degli adempimenti e, per quanto attiene alle deleghe, costruirle non in modo generale, ma per così dire, “su misura”, individuando di volta in volta le persone e le condizioni particolari. L’Avvocatura diocesana è disponibile per ragionare insieme».
«Il tema della perequazione della parrocchie non è solo questione economica, ma di comunione, segno ecclesiale da promuovere con una mentalità da costruire – prosegue -. È stata costituita una Commissione diocesana, uno strumento che coniuga aspetto pastorale e gestionale, permettendo di dire di cosa abbiamo bisogno e di cosa no».
Poi, il tema fondamentale del sovvenire: «La Chiesa non è “cosa da preti”. Su questa mentalità dobbiamo lavorare molto, nella consapevolezza che la comunità è nostra e così anche il sostentamento del clero ci riguarda, perché potremmo liberare risorse dell’8×1000 per l’evangelizzazione e la carità: un bel segno anche per la comunità civile».
Alla fine, si recita tutti insieme la preghiera che l’Arcivescovo ha composto per la Lettera e che auspica possa aprire anche le riunioni dei singoli Caep.