«Una bella occasione per mettersi in gioco, per parlare, per tracciare la strada e vivere la Chiesa come protagonisti». L’applauso dei circa 200 giovani che saluta l’Arcivescovo, dopo un simpatico momento conviviale vissuto presso l’oratorio San Luigi della Comunità pastorale Visitazione di Maria Vergine a Cormano, è la risposta più semplice all’invito espresso da don Marco Fusi, responsabile del Servizio diocesano per i Giovani e l’Università. Alla serata, inserita nel contesto della Visita pastorale al Decanato di Bresso (al via domenica 10 novembre), ci sono ragazze e ragazzi, gli scouts, il Vicario episcopale di Zona VII monsignor Antonio Novazzi, il responsabile della Cp don Gianluigi Musazzi e i sacerdoti impegnati nella Comunità e nel Decanato.
L’incontro – voluto dall’Arcivescovo con una formula che si ripeterà per ogni Visita – si apre con il video “Ora” di Jovanotti che è quasi la cifra simbolica dell’intero dialogo, articolato in cinque interrogativi (oltre a qualche domanda “libera” al termine), posti dai giovani secondo altrettante aree tematiche.
Il dialogo
Inizia Simone, ventenne che sta studiando per diventare formatore psicomotorio ed è educatore e allenatore in parrocchia: «Come trovare un centro per amare incondizionatamente il Signore tra le tantissime attività di ogni giorno?». La risposta del Vescovo è declinata in tre passaggi. «Un tralcio che si stacca dalla vite si secca; quindi, se ci stacchiamo da Gesù, non portiamo frutto. Occorre resistere all’imperialismo di chi dice cosa e quante cose fare. Bisogna avere tempi sufficienti per trovare le ragioni profonde. La Messa è un modo per stare attaccati alla vite. Poi, coltivate le amicizie che uniscono in uno slancio e non solo per il gusto di stare insieme. Infine, vi raccomando la preghiera per ciascuno dei vostri ragazzi. Così ritroviamo le ragioni per vivere l’oratorio».
Francesco, ventottenne bancario, è consigliere comunale a Bresso e su questo si interroga. «Il tema dell’impegno nell’amministrazione del Comune e, più in generale, in politica, mi pare particolarmente interessante da mettere all’attenzione giovanile – osserva l’Arcivescovo -. Sono troppo pochi i giovani cristiani che pensano a questo stile di servizio. Sembra che la politica si logori con beghe da pollaio, ma è ovvio che non tutti i politici sono fannulloni: conosco personalmente sindaci e consiglieri che mi danno molta affidabilità». Ma come coinvolgere gli altri? Anche qui tre i modelli: «Avere dei maestri, leggendo la storia del Repubblica italiana, e ricordare politici che sono stati santi e martiri». Il pensiero va a Giuseppe Lazzati, con il suo “pensare politicamente”, ad Aldo Moro e a Vittorio Bachelet, entrambi uccisi dalle Brigate Rosse. «Parlate con la gente e i vostri coetanei. Il bene comune non è una ricetta, è un incontrare, specie a livello locale. Cercate di realizzare un programma positivo, pur consapevoli delle responsabilità e dei problemi che verranno».
Alice, educatrice di oratorio collegata in video – si è trasferita a Firenze per un master dopo la laurea -, affronta la difficile questione di vivere lontano da casa con fatica, ma anche in pienezza: «Come insegnare a un giovane cristiano l’importanza di avere una regola?». Chiara la via da seguire: «La Regola di vita è uno strumento ormai diffuso nella nostra tradizione diocesana. È importante, magari perdendo punti di riferimento, avere un ancoraggio nel contesto di un percorso ordinario». Arrivano così tre “editti”, solo apparentemente scherzosi. «È proibito parlare della Regola di vita a chi non ha compiuto 18 anni, il che vuol dire che vi è un passaggio (la maggiore età) nel quale è invece obbligatorio prendere in mano la propria esistenza. Inoltre, fissare una data per dire cosa è per voi la Regola di vita – magari il 31 gennaio, festa liturgica di San Giovanni Bosco -, per poi recarsi in Duomo a consegnarla».
Davide ha 25 anni e offre il suo contributo di impegno al Centro di ascolto: «Questa può essere la strada di tutti di fronte a bisogni evidenti, come quelli delle persone anziane e sole. L’esperienza aiuta: andate a fare un giro sotto i portici, come fanno i giovani milanesi, portando un thermos di the caldo a chi dorme per strada. Ma ricordate che, al di là del soccorso immediato, importa ascoltare. Fate il gesto minimo, quello che tutti possono praticare perché la carità non è il gesto eroico, ma ciò che serve nella vita ordinaria. Anche voi adolescenti potete fare il bene e, come adulti, imparate l’arte di accompagnare i giovani che hanno fatto un primo gesto di carità».
Da ultimo, parla la 29enne Ilaria, educatrice e sportiva nella pallavolo: «Come far convivere la molteplicità degli impegni?». «Fate un discernimento e una scelta vocazionale. Chiedetevi cosa volete fare nella vita. Un discernimento si fa per dire che si ha uno scopo e che si intravede la scelta dell’ambito più congeniale a ciascuno: non è un invitare a un ripiegamento nel privato, ma mettere in evidenza ciò che è prioritario. Avete tante energie, spremendovi verrà fuori del buon vino. Penso che il percorso che possiamo fare per essere scintile, suscitando altre scintille, sia “chiamare a uno a uno”. È solo la chiamata nominale che porta a una risposta personale».
Il Mandato
Al termine la domanda è anche su una Chiesa sentita lontana: «A volte le convenzioni sociali e il politically correct insabbiano e annebbiano, ma bisogna avere fiducia: voi siete la Chiesa, noi tutti la facciamo e lo siamo. È l’incontro personale che traduce, nella dinamica relazionale, l’istituzione. La libertà è iscritta dentro la Chiesa, anche se dobbiamo farci carico delle problematiche per renderla più giovane. Se la amate, fatevi avanti».
Il Mandato missionario ai giovani, espresso con la preghiera corale e la lettura di brani dell’Esortazione post-sinodale Christus vivit, è una consegna: «Siate lieti di quella gioia che viene dall’incontro con Gesù, uniti in quella amicizia che spinge al bene. Siate capaci di pensare, di uscire dai luoghi comuni, approfondendo la fede in cui credete, con quella intelligenza e intraprendenza che conduce a libertà».