L’inizio è con un canto più pasquale che d’Avvento, il Regina caeli laetare, ma il motivo è chiaro, e così lo diviene anche il senso dell’incontro – semplice, ma molto partecipato – con il quale l’Arcivescovo ha inteso salutare e ringraziare, a nome della Diocesi, gli specialisti dell’insegnamento della religione cattolica (ossia docenti unicamente di questa disciplina) andati in pensione dal 2019 a oggi.
In apertura don Gian Battista Rota, responsabile del Servizio Irc, dice: «Quando un insegnante di religione arriva alla pensione, lo immagino come se attraversasse il Mar Rosso, facendo Pasqua, perché la pensione è sempre un momento di passaggio molto delicato, che chiede di rimodulare e riordinare i tempi. Per questo, mentre penso a voi, ho nel cuore la Pasqua, la risurrezione, perché mai ci si ferma nella sequela verso Gesù».
A prendere poi la parola è il Vicario episcopale di settore monsignor Paolo Martinelli, che ringrazia l’Arcivescovo sia «per la sua attenzione alla scuola e all’insegnamento della religione cattolica, soprattutto in questo momento segnato dal grave disagio della pandemia», sia per la scelta della splendida cornice in cui si svolge l’iniziativa, la chiesa di San Marco, «geniale espressione dell’incontro tra culto e cultura». «Dobbiamo sostenere tutti gli operatori in questo campo fondamentale e immenso – prosegue monsignor Martinelli -. Si conclude il vostro lavoro – decisivo perché avete indicato il rapporto della fede con la vita quotidiana -, ma non si esaurisce la missione, l’impegno. I cristiani sono chiamati a essere Chiesa, popolo in cammino radunato intorno ai successori degli Apostoli. È l’inizio di una nuova responsabilità, tempo di testimonianza della gioia del Vangelo, come ci insegna papa Francesco. Siete stati testimoni autentici e siete chiamati, anche adesso, a esserlo nelle nuove circostanze».
L’intervento dell’Arcivescovo
Sulla Lettura tratta dal terzo capitolo del Libro dei Proverbi, si incentra la breve riflessione dell’Arcivescovo Mario. «Nella città degli affari, nella terra della frenesia, nella zona in cui sembra che la legge sia la quantità, queste parole dei Proverbi suonano strane, sembrano l’enunciazione di principi astratti: la mentalità in cui siamo immersi pare dire che quello che conta è l’oro, non la sapienza. Conta quanto si può spendere e quanto una cosa costi».
E, dunque – suggerisce ancora -, che posto ha la sapienza in questo contesto? «Forse può apparire una nonna amabile, ma anacronistica. Invece io esprimo la persuasione che la sapienza sia come un angelo di Dio che prende l’aspetto di una giovane mamma intenta ad accudire la sua bambina».
Bimba che rappresenta l’umanità. Quella «che non sa dire i suoi bisogni, i suoi capricci o ciò che la fa soffrire e che, quindi, piange. Ma la mamma – la sapienza è l’arte di dare gioia – si prende cura di lei e sa come distinguere il bisogno reale dai capricci. Sa che non bastano gli artifici o gli armadi pieni di giochi per dare gioia, ma comprende quale è la via della vita che ne coglie il senso, per cui tutto ciò che esiste trova un suo significato». Per questo la giovane donna «sa decifrare e riconoscere un significato, alimentando le motivazioni per una pratica perseverante nella scelta di Dio».
Come la giovane mamma
Evidente il riferimento all’insegnante di religione che, «come la giovane mamma, incontra, talvolta, l’insofferenza di adolescenti indotti a disprezzare la sapienza e la via della vita», o vive la «tentazione di accondiscendere ai luoghi comuni, per non essere disprezzato dai colleghi che considerano la religione come una materia di archivio o superata». «La giovane mamma sa che bisogna ascoltare molto per consolare questa bambina smarrita e capricciosa che è l’umanità, soprattutto nell’adolescenza, dando testimonianza che la vita sia desiderabile e che la terra sia abitabile. La bimba spaventata è anche l’arroganza dell’adolescente, il cui atteggiamento sprezzante viene da una specie di disperazione. Chi ama questa umanità vuole aiutare con un insegnamento sapiente e rigoroso, nutrito di spiritualità».
Nasce da questa considerazione per i docenti Irc l’auspicio dell’Arcivescovo: «Penso che tutti voi abbiate avuto esperienze di tale genere, volendo accompagnare questa bambina con fermezza e lucidità nella consapevolezza che la terra è effettivamente abitabile, anche se un poco deve essere aggiustata a causa della troppa avidità e inquinamento. Mi pare che si debba dire che l’insegnante di religione, anche concluso il suo lavoro, continua a essere una preziosa presenza se sa offrire ascolto, se sa consolare e dare testimonianza luminosa; se sa essere presenza amica per incoraggiare i familiari e la comunità cristiana in cui vive. La sapienza è l’arte di dare gioia perché si mostra che la vita è buona».
Infine, prima della preghiera e del saluto conclusivo, un piccolo dono offerto ai presenti dall’Arcivescovo: il saggio La scuola. Un messaggio, una promessa, con il messaggio per l’inizio dell’anno scolastico 2021-2022 e la conversazione tra lo stesso Arcivescovo Mario e Augusta Celada, direttore generale dell’Ufficio scolastico della Lombardia.