Informazione, interazione, impegno. Sono queste le 3 “i”, per altrettanti punti irrinunciabili, che l’Arcivescovo, anche nella sua veste di Metropolita di Lombardia, al termine di un intensa mattinata di confronto sui temi ambientali, indica per l’agenda del domani, assicurando il suo sostegno e incoraggiamento. È un incontro inedito, quello che – molto atteso – si svolge presso il salone della chiesa di San Giorgio al Palazzo nel pieno centro di Milano. A portare le loro testimonianze, dati, esperienze negative, ma anche speranze, ipotesi di interventi, iniziative positive, sono i rappresentanti di molte delle associazioni e aggregazioni che aderiscono a “Rete Ambiente Lombardia”, presente sull’intero territorio regionale. Una ventina le sigle che prendono la parola, dopo il saluto introduttivo di don Lorenzo Maggioni, membro della Commissione Ambiente del Forum delle Religioni di Milano e del Consiglio delle Chiese Cristiane. È lui che spiega, richiamando il contributo fondamentale dell’Enciclica “Laudato sì’ ”. «Siamo qui, per la prima volta riuniti, con la prospettiva di fare rete tra prospettive secolari e di fede, con percorsi anche differenti. Per questo vi sono osservatori come il presidente del Consiglio delle Chiese di Milano, Francesco Castelli, membri del Forum delle Religioni di Milano e la responsabile del Sae Milano, Elza Ferrario, con cui abbiamo aperto altri Tavoli sulla scorta di Cop26. Il desiderio è di unire tutto questo lavoro», conclude don Maggioni, cui è accanto, oltre al vescovo Mario, anche il vicario episcopale di settore, monsignor Luca Bressan.
La prospettiva
L’orizzonte di riferimento viene tracciato da don Gabriele Scalmana, già incaricato per la Pastorale del Creato della Diocesi di Brescia dal 2001 al 2020. «Tutti siamo coscienti della gravità della situazione ambientale in Lombardia», dice, proponendo 5 punti di riferimento, o meglio, una «proposta ecclesiale».
«La Chiesa lombarda può fare molto, perché gode di un buon prestigio ed è ascoltata dalle realtà pubbliche e dai politici. Con il sistema capillare delle parrocchie può influire ovunque». Per questo, sottolinea don Scalmana, «la Chiesa può offrire un aiuto prezioso ai gruppi ambientalisti, anche non di ispirazione cristiana, in termini di riflessione e di facilitazione per gli obiettivi ambientalisti. Su questi temi occorre ridare vigore alla Conferenza Episcopale Lombarda che intervenne già nel 1988, con un messaggio che portava anche la firma del cardinale Carlo Maria Martini, ma che non ebbe seguito. Vi si leggeva: “La questione dell’ambiente è entrata nei laboratori della ricerca teologica e non può assolutamente essere disattesa dalla prassi”, ma così è stato nei fatti. Oggi siamo pieni di teologia del creato, ma ci manca la pratica. Non sarebbe forse utile uno scambio sulla Pastorale del creato tra tutte le nostre Diocesi per conoscere cosa si fa nelle singole realtà, chiedendosi cosa si può fare insieme?».
Poi, non dimenticare di «offrire comportamenti virtuosi, per esempio, nelle parrocchie o negli oratori, con risparmio di acqua, di calore, ma non solo per risparmiare denaro». Quinto e ultimo punto: «guardare con simpatia ai movimenti ambientalisti, sostenendoli con risorse e luoghi per discutere e appoggiando le loro lotte».
Le testimonianze
È la volta delle associazioni: da chi rappresenta coloro che sono detti “elettrosensibili” e si sono ammalati, ad esempio, per le nuove tecnologie, come i campi elettromagnetici e le reti utilizzate dai cellulari. «In Italia un milione e mezzo di persone non considerate da nessuno». Non a caso, ai 4 elementi base – beni comuni di tutti, già identificati dagli antichi, aria, acqua terra, fuoco -, si aggiunge oggi anche l’etere.
E, poi, la piaga dei morti di amianto: basti pensare che nella provincia di Lecco sono 71 i metri cubi di amianto da smaltire (riempirebbero un palazzo di 13 piani), anche se non esiste un mappatura precisa. Amianto che porta al mesotelioma, un tumore per cui non vi è cura. «Nel Paese ne muore una persona ogni 3 ore. Chiediamo che la Chiesa aiuti nella sensibilizzazione e informazione».
E, ancora, gli inceneritori nel Varesino, la discarica di Gerenzano, l’hub di Malpensa con la brughiera circostante da salvare e la sua collocazione all’interno del parco del Ticino «che rimane un passaggio ecologico fondamentale per l’intera Europa».
Unanime la convinzione: «Manca un discorso culturale per le nuove generazioni, e nelle Istituzioni troviamo un muro di gomma che rimbalza e non ascolta o fa finta di ascoltare».
Non manca, come è ovvio, la qualità dell’aria e per cui «la Lombardia è fanalino di coda in Europa». «Abbiamo bisogno che la Chiesa lombarda ci sostenga. Abbiamo una proposta concreta, “Zero sforamento entro il 2030” (come si intitola anche una petizione a livello nazionale ed europeo). Occorre istituzionalizzare una giornata ecologica al mese in ogni città, magari nei capoluoghi di provincia, non permettendo la circolazione privata inquinante».
Parole cui fanno eco “Cittadini per l’aria”: «500 bambini all’anno a Milano si ammalano da asma dovuto al biossido di azoto. Se in città venissero rispettati i limiti si risparmierebbero 4000 vite all’anno. È un problema sanitario, politico, economico ed etico».
«Almeno che la verità venga a galla», scandisce il rappresentante dei 400 clinici riuniti nell’associazione “Medici per l’ambiente”.
Prende la scena la zona di Brescia, particolarmente martoriata. «La terra sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. Brescia è tra le 5 città peggiori per la qualità dell’aria. Ricordiamoci che tra le 20 città più inquinate 11 sono in Pianura padana».
Insomma, un bollettino di guerra, nel quale, tuttavia, non mancano sguardi di speranza, seppure segnati da costante preoccupazione. Come le associazioni “Siamo nati per camminare”, che propone iniziative virtuose nelle scuole, o “La goccia” che preserva l’esistenza, non molto nota, del “Parco dei gasometri” a nord ovest di Milano tra Villapizzone, Bovisa e Quarto Oggiaro. «Una foresta di circa 40.000 mq a forma di goccia, ora in pericolo, perché si tace su ciò che verrà lì costruito dal Politecnico».
Infine, Cremona, la prima città più inquinata d’Italia e seconda in Europa per polveri sottili e Pm 10. Parla il coordinatore di “Stati Generali Clima Ambiente e Salute” che raggruppa la quasi totalità delle associazioni della zona: «Il termine è conversione ecologica, non transizione. Il “faraone” da sconfiggere è il paradigma tecnocratico mondiale che sta sostituendo la politica. L’ecologia integrale è anzitutto spiritualità, svuotamento dei modelli che non si vogliono mettere in discussione, rigenerazione della democrazia e ricostruzione della politica. L’autorevolezza della Chiesa può avere un ruolo fondamentale nel cambiare il modello di sviluppo, come dice la “Laudato si’ ”.
L’intervento dell’Arcivescovo
Da qui le conclusioni del vescovo Mario che ringrazia «di questa panoramica»
«La vostra presenza è voce di una popolazione molto più ampia. Esprimo incoraggiamento e il proposito di farmi carico di un’opera di sensibilizzazione e di elaborazione di proposte e di messaggi a livello diocesano e di Regione ecclesiastica lombarda».
Con 3 “i”, come detto, le indicazioni: «Informazione, perché i dati sono importanti, ma se rimangono chiusi in circoli chiusi non incidono. Informare è compito di tutti, ma penso che sia un problema serio anche chiedersi come tali informazioni possono essere significative per chi le recepisce. Non basta denunciare»
La seconda consegna è l’interazione «perché nessuno può pensare di risolvere da solo problemi enormi. Bisogna fare rete come si fa qui. Se non si interagisce con l’Ente pubblico, con gli aspetti politici, con le agenzie culturali ed educative, rischiamo la non decisività L’interazione non è soltanto questione tra le associazioni ambientaliste, ma si deve far nascere un patto di alleanza, di appello alla conversione. Questo è il segreto per l’incisività».
Terzo, l’impegno concreto ad avviare percorsi con fiducia e speranza.
Infatti, «la “Laudato si’ ” non è soltanto un documento di carattere profetico, ma è anche una professione di fede, è l’inizio di una preghiera, non un manifesto. Il riferimento a Dio è un elemento che qualifica ciò che la Chiesa deve fare per il mondo che noi che chiamiamo il creato, non cosmo o natura. Questo già offre una prospettiva significativa dello stile con cui i cristiani sono chiamati a operare».