Gli ospiti del Villaggio della Misericordia attendono l’Arcivescovo sabato 22 gennaio alle 14.30. La struttura di 90 posti letto, gestita da sorella Laura, fa parte dell’Opera Fratel Ettore, che il fondatore aveva ricevuto in comodato dalla Provincia di Milano nel 1989-90 come azienda agricola.
Ospiti dall’Est
«Era la Cascina dei prati – spiega la responsabile -, esisteva già prima dell’ospedale psichiatrico Paolo Pini che, quando è sorto, lo ha inglobato nelle sue proprietà». Dopo la legge Basaglia del 1980 e la chiusura dei manicomi l’immobile è caduto in disuso e fratel Ettore lo ha rilevato sistemandolo per accogliere i primi ospiti. «Aveva iniziato con i malati di Aids e i poveri, che sono i nostri ospiti abituali – dice sorella Laura -, ma quando c’è stata la caduta del Muro di Berlino nel 1989, fratel Ettore ha accolto anche le donne che negli anni successivi arrivavano dall’Est, fino a riempire il dormitorio con 180 persone».
Una presenza molto variegata tra stranieri, immigrati, sieropositivi e malati anche di altre patologie pur di rispondere alle varie esigenze. Non a caso in alcuni video degli anni Novanta fratel Ettore definiva questo luogo «l’arca di Noè». Da allora il Villaggio della misericordia, come tutte le case dell’Opera, ospita anche una piccola comunità residenziale di persone senza fissa dimora che «aiutano all’interno e sono il cuore pregante delle nostre attività», assicura la responsabile.
Di fronte alla pandemia
«Da quando nel 2009 abbiamo lasciato il “rifugio” che avevamo sotto la Stazione Centrale – spiega ancora sorella Laura -, il Villaggio ha aperto un dormitorio maschile di 70 posti e uno femminile di 20 posti, oltre alla piccola comunità che accoglie una decina di persone, 3 donne e 7 uomini. Attualmente nei due dormitori sono presenti circa 50 ospiti».
«Due anni fa, quando abbiamo avuto il primo positivo al Covid – racconta – ci hanno messo tutti in quarantena ed eravamo in 70. Sorella Teresa, responsabile dell’Opera, ha dovuto decidere in poco tempo come organizzarci. La Provvidenza ci è venuta incontro perché il giorno di San Giuseppe ci ha telefonato uno dei nostri volontari, rimasto a casa per le restrizioni dovute alla pandemia, che si è offerto di prestare il suo servizio. Quindi lui e gli ospiti collaboratori sono rimasti qui ad Affori con gli uomini per tutta la quarantena, mentre io e le donne del dormitorio e le due residenziali ci siamo trasferite a Novate Milanese dove abbiamo un’altra casa».
L’anno scorso i casi positivi sono stati 7-8. Adesso, quando c’è un infetto, viene avviata la procedura per inviarlo al Covid hotel. «Ora i nostri ospiti sono quasi tutti vaccinati – assicura sorella Laura – e poi c’è un laboratorio in viale Jenner che ogni settimana ci offre la possibilità di fare tre tamponi e così mandiamo sempre tre persone a controllarsi».