Confesso di provare un po’ di imbarazzo nel presentare questo primo numero del nuovo anno (vedi qui il mensile completo, ndr) che coincide con il centenario di “fondazione” de L’Amico della Famiglia, il quale peraltro, quando venne stampato per la prima volta, era solo Amico della Famiglia. Eppure con gli anniversari dei giornali dovrei averci fatto l’abitudine, visto che nel 1999 ho vissuto da direttore il centenario del bisettimanale il Cittadino a cui devo la mia “vocazione” giornalistica.
Francamente, quando nel novembre 2013 don Bruno Molinari mi chiese di assumere la direzione di questo mensile che in quell’anno aveva giusto ricordato i suoi 90 anni di vita, non pensavo di arrivare a celebrarne il secolo di pubblicazione. Eppure ci siamo arrivati. Scrivo ci siamo perché se c’è una cosa che va subito messa in evidenza è che questo “giornale”, come lo è a tutti gli effetti, da cento anni viene pubblicato solo ed esclusivamente grazie all’impegno e alla dedizione, prima che alla passione, giornalistica o meno, di un gruppo di volontarie e volontari.
Quella di collaborare a L’Amico della Famiglia oggi come in passato è sempre stata una scelta, collocabile dentro una dimensione di servizio alla Chiesa e alla comunità cristiana della città. Un servizio alla comunicazione che nasce da lontano, dal fondatore, il prevosto monsignor Enrico Ratti, che nel 1923 aveva compreso la necessità di avere uno strumento per comunicare informazioni e notizie certo, ma ancor prima e ancor di più idee, messaggi, indicazioni, giudizi, opinioni, e soprattutto la Parola, ovvero il Vangelo di Gesù incarnato nella vita di ciascuno di noi e di tutti i giorni.
Nato come «Bollettino della parrocchia di S. Giuseppe», L’Amico della Famiglia, attraverso i suoi prevosti e i suoi preti che l’hanno diretto, è arrivato a essere il “mensile” della Comunità pastorale San Giovanni Paolo II, quasi un passaggio “naturale” nel settembre del 2014, affidato per la prima volta a un direttore laico.
Una scelta compiuta da don Bruno nella convinzione che fosse giunto il tempo di dare piena attuazione a quella “corresponsabilità” dei laici nella vita della Chiesa, a partire da quella locale, secondo quanto indicato dal Concilio Vaticano II (conclusosi nel 1965…) nella Lumen Gentium, una delle quattro costituzioni conclusive.
Ebbene, quella “corresponsabilità” l’ho sentita e vissuta in questi anni con pienezza pari alla naturalezza, sicuramente in forza di esperienze precedenti. Ma posso e soprattutto debbo aggiungere che mai ho avuto tanta “carta bianca” (e non solo, celiando, per riempirla di parole e immagini) come da don Bruno. Che, ed è questo il senso della “corresponsabilità”, non è mai stato “assente”, ma quantomai “presente” nella vita de L’Amico della Famiglia, condividendone impostazioni e scelte, contenuti e decisioni.
Perché, e voglio rimarcarlo, il primo a “credere” ne L’Amico della Famiglia, al pari del fondatore e dei suoi predecessori, è sempre stato ed è lui. Assumendosi anche gli inevitabili oneri economici nel momento in cui ha espressamente voluto la diffusione gratuita (coperta fortunatamente e per quanto possibile in parte dalla pubblicità di esercizi e aziende che hanno compreso il valore non solo ecclesiale della testata).
Dopodiché, come ho già scritto, L’Amico della Famiglia è il frutto e il risultato di un gruppo di collaboratori, alcuni dei quali “storici”, Paolo Volonterio in primis, Mariarosa Pontiggia, Patrizia Dell’Orto, Patrizia Mariani, cresciuti come me e con me alla grande “scuola” di giornalismo e di impegno cristiano di don Pino Caimi (che ha retto le sorti di questo mensile senza mai esserne il direttore responsabile). E di altri che via via si sono aggiunti anche di recente, alcuni dei quali valenti professionisti concittadini, oppure giovani donne e uomini desiderosi di approcciarsi a un mondo, quello dell’informazione / comunicazione, in continua evoluzione/trasformazione.
Oggi il compito, la mission de L’Amico della Famiglia, al di là del contenuto stesso della testata, è quello di contribuire a rendere sempre più concreta, viva, propositiva e propulsiva quella Comunità pastorale che può e deve essere il “sale” e il “lievito” di un popolo cristiano a tratti smarrito e incerto, ripiegato su se stesso, indifferente e privo di speranza e fiducia nel futuro.
È questo il lavoro che ci attende. È questo il lavoro che continueremo a fare, tutti insieme.
Ricorderemo il centenario durante tutto l’anno, ma con lo sguardo rivolto al presente e soprattutto al futuro. Perché è questo che ci è chiesto come cittadini e come cristiani di questa città.