Riconoscenza, gratitudine, affetto grande, commozione. Sono queste le parole che ricorrono più spesso durante la Messa esequiale presieduta dall’Arcivescovo per il cardinale Renato Corti, scomparso, all’età di 84 anni, il 12 maggio scorso. Nel Santuario della Beata Vergine Addolorata di Rho, a porte chiuse, con ai piedi dell’altare maggiore la bara coperta di fiori bianchi, si svolge la Celebrazione di suffragio, presenti i parenti del Porporato, i Padri Oblati Missionari di Rho, il personale che ha accudito il Cardinale, spentosi presso il Collegio degli Oblati dove si era ritirato nel 2012, al termine del suo ministero episcopale a Novara. Così come ricorda, in apertura, il superiore dei Padri, monsignor Patrizio Garascia che concelebra il Rito unitamente ai vescovi monsignor Marco Ferrari e monsignor Giuseppe Vegezzi e al segretario del Cardinale, don Giuliano Veronese.
«La comunità dei Padri Oblati riconosce di aver ricevuto un grande dono. Abbiamo toccato con mano, vivendo in sua compagnia, cosa significa avere il fuoco nel cuore e la profezia nello sguardo. Nella comunione dei santi don Renato rimarrà sempre con noi, ma è un bisogno del cuore questo saluto. Entriamo nella preghiera di suffragio, convinti che il Cardinale in Paradiso si occuperà principalmente dei preti e dei seminaristi», conclude monsignor Garascia con parole condivise «con tanta gratitudine» dal vescovo Mario.
L’omelia dell’Arcivescovo
Dalla narrazione di Atti al capitolo 27, con il naufragio della nave, in viaggio verso Roma, che portava san Paolo prigioniero, si avvia l’omelia dell’Arcivescovo.
«L’apostolo non vive condizioni ideali, non è sempre circondato da stima e rispetto: è uno dei prigionieri. Viaggia con gli altri – 276 persone -, non ha privilegi, attenzioni particolari. Non sappiamo niente di questo viaggio, ma possiamo forse immaginare gli argomenti di Paolo, che suggeriva di annunciare il Vangelo al momento opportuno e anche inopportuno. L’apostolato attraversa momenti di tempesta, non è senza rischi, non è privo di spaventi, ma Paolo incontra l’angelo di Dio. Ha una visione più spirituale, ha un rapporto con Dio, non si interrompe la sua comunione con il Padre e con il Figlio».
«L’apostolo, infatti, rimane radicato nella sua esperienza di Dio», consigliando saggiamente anche se non viene ascoltato. «Gli esperti, i commercianti, i dirigenti contano di più della sua voce disinteressata. Sembra destino dei profeti di essere inascoltati: di vedere con chiarezza il pericolo, di mettere in guardia persone che sono diventate care e di constatare di non essere ascoltati. L’apostolo percorre le vicende tribolate dei fratelli, ma non si lascia contagiare dalla disperazione e dallo scoraggiamento. In ogni situazione c’è un angelo di Dio che gli rivela passi promettenti, gli confida parole di incoraggiamento. Gli uomini sulla nave minacciata dalla tempesta, per salvarsi non hanno bisogno in primo luogo di tecnica, di soluzioni pratiche, di essere stimolati da vantaggi economici o spinti da minacce. Hanno bisogno di farsi animo, di custodire una speranza affidabile, di sperimentare una presenza che rassicura».
Chiaro il riferimento all’esemplarità del cardinale Corti.
«Molti possono tessere l’elogio del nostro amatissimo don Renato. Papa Francesco ha ricordato con gratitudine alcuni tratti che hanno caratterizzato la sua vita e il ministero. Don Renato è stato un apostolo, ha percorso, come Paolo, l’ultimo viaggio; è stato una presenza che ha detto parole di profezia, parole incisive; è stato capace di dire molte cose e di essere prezioso in molte situazioni. E quindi possiamo dire semplicemente così: il vescovo Renato è stato come l’apostolo, un uomo che viaggia, senza chiedere privilegi, prigioniero come gli altri».
I messaggi del cardinale Scola e dell’arcivescovo di Sarajevo
A conclusione della Messa è il vescovo monsignor Luca Raimondi, vicario episcopale della Zona pastorale IV, a esprimere il suo ricordo e a dare lettura di alcuni messaggi, tra cui quello inviato dal cardinale Scola che ebbe modo di conoscere fin da giovane il Porporato scomparso, essendo suo conterraneo.
«Per la nostra Diocesi è stato una figura straordinariamente illuminante», sottolinea l’Arcivescovo emerito, aggiungendo. «Con la mia nomina episcopale a Venezia, ho avuto più occasioni di approfondire il rapporto con lui. In particolare, durante il mio Episcopato milanese, egli mi è stato molto vicino, prendendo spesso l’iniziativa, attraverso colloqui e scritti, di darmi preziosi suggerimenti e indicazioni di cammino».
Espressioni a cui hanno fatto eco quelle dell’arcivescovo di Sarajevo, il cardinale Vinco Puljić che nella sua lettera di condoglianze definisce il cardinale Corti «caro amico e benefattore della nostra Arcidiocesi». Viene letto anche il messaggio del sindaco di Galbiate (paese nativo dello scomparso), Piergiovanni Montanelli.
Le esequie si svolgeranno nel Duomo di Novara – dove il Cardinale verrà tumulato -, martedì 19 maggio, presiedute dal vescovo monsignor Franco Giulio Brambilla.