Perché in un mese missionario straordinario il Vescovo ci sprona anche a favorire vocazioni all’Azione Cattolica? Per prima cosa ci fa riscoprire lo spirito forte di San Paolo che, incatenato in prigione, incoraggia ad annunciare il Vangelo «in ogni maniera». Se questo rallegra il cuore dell’Apostolo, anche la gioia del nostro Vescovo, che nel suo mandato sintetizza la spinta missionaria della Chiesa locale, è che tutti i battezzati siano orgogliosi e consapevoli di annunciare la Buona Notizia nei tanti ambienti di vita dove trascorrono le giornate.
La vocazione laicale dell’Ac rinforza innanzitutto questa dinamica, valorizzando l’ordinario, il territorio, le occasioni di ogni vita. Non è, come si intuisce, sola prerogativa dell’Ac, ma è la missione verso cui si incamminano tutti coloro che scelgono di essere cristiani. Nella Chiesa le vocazioni vanno tutte favorite, dentro un disegno comune, perché portano vivacità e ricchezza. Cosa porta la vocazione dell’Ac alla comunità cristiana? Lo ripasso anch’io volentieri scandendo le parole richiamate nella Proposta pastorale. Porta il «modo associato» del servire insieme e il «modo stabile», ovvero garantisce che un po’ di persone si organizzino e siano sostenute dalla forza di un «soggetto di pastorale» plurale per garantire stabilità e non servizio episodico o legato al particolare carisma del presbitero, del religioso o del diacono presenti nella comunità in un dato periodo. Porta «un legame strettissimo con il Vescovo» e nella comunità con il parroco e tutti i sacerdoti perché la missione sia creativamente svolta e collegialmente condivisa, in un clima di passione comune, di intesa, di proposte, di scambio, di costruzione collettiva. Porta una «formazione dei laici» perché «ogni battezzato possa arrivare a quella sintesi personale tra Vangelo e vita e dare così testimonianza».
Ecco, ho riletto più volte quest’ultima frase del Vescovo e mi sono sentita presa da un guizzo di entusiasmo molto responsabilizzante: bisogna che nella comunità alcuni si formino molto, e prendano l’iniziativa senza attendere sproni particolari, perché tutti scoprano «la forza liberante del Vangelo». Alcuni si mettano veramente d’impegno, con la testa e con il cuore, a capire e vivere la pienezza dell’essere cristiani nella vita ordinaria, perché siano contagiate dalla gioia di essere così le vite di tutti. Alcuni per tutti. Con umiltà, con spirito di servizio, senza clamori. Si deve vedere solo la gioia di essere cristiani e una particolare passione per il popolo, nella sua colorata varietà. Si colga in questi laici di Ac anche l’attitudine a darsi da fare per l’insieme, per le connessioni, per il bene comune, per gli organismi della partecipazione e del discernimento. Alcuni, certo, saranno più portati per il servizio educativo, catechistico, liturgico, altri saranno più orientati al servizio familiare, civile, sociale. Ciò che conta è l’essere pronti a rinfrescare la motivazione e ad avventurarsi senza troppi calcoli sulle strade della missione.
A disposizione di chi volesse contattarla, c’è una commissione diocesana sorta da alcuni anni in Associazione, che ha il compito di accompagnare e sostenere concretamente e per il tempo che serve presbiteri e comunità che desiderino promuovere per la prima volta l’esperienza dell’Ac.