«La via della croce è quel pio esercizio che istruisce su come l’esperienza dell’amore giunga fino alla fine. È compiuto, grida Gesù domando lo Spirito e, così, è compiuta la maternità nel prendersi cura di una fraternità universale; è compiuta l’operosità nel portare i pesi degli altri; è compiuta la compassione nel partecipare degli stessi sentimenti di Gesù».
La III Via Crucis 2020 – che, guidata dall’Arcivescovo, avrebbe dovuto avere come cornice le vie di Melegnano in Zona pastorale VI – ancora una volta si celebra nella Cappella feriale del Duomo, senza concorso di popolo, per l’emergenza virus che sta vivendo l’intero Paese e, ormai, tutto il mondo. Dolorosamente, quindi, a porte chiuse.
Lo nota, in apertura, il vescovo Mario: «Ci dispiace, ma con questa possibilità di trasmettere, per via televisiva e con tutti gli altri strumenti della comunicazione, ci sentiamo lo stesso in cammino, ugualmente chiamati. Anche in questi giorni un po’ strani, anche quando vediamo le cose da casa, in questa situazione, possiamo trovare un’occasione di meditazione, di conversione, di appartenenza a un popolo in cammino».
Con i testi preparati dalla Comunità monastica di Dumenza, si prega, si canta, si riflette – pur se solo con le voci fisicamente presenti in Duomo che si contano sulle dita di una mano – sostando presso la I, la IV, la V, VI, la XII Stazione di una via dolorosa nella quale Gesù, osserva nella sua omelia l’Arcivescovo, «è abbandonato – gli amici, i discepoli, la gente entusiasta, i soldati incantati dai suoi discorsi, dove sono? -; è stato condannato – la sua opera, le sue parole, la speranza che ha suscitato, il Regno che ha annunciato, dove sono? -; è stato umiliato, deriso e schernito, privato delle sue vesti, esposto all’insulto, privato della libertà e trattato come un malfattore».
Eppure, come si legge nel Vangelo di Giovanni, l’ultima parola del Signore in croce annuncia proprio «il compimento della sua missione». Parola «sconcertante», che non si capisce con la sapienza del mondo, ma «se si sperimenta l’incontro con lui sulla via della croce, se si decide di seguirlo, se viviamo come lui è vissuto, pregando il Padre come lui ha pregato, se si muore come lui è morto».
Questa la ragione per cui sono state scelte, tra le 14 Stazioni della Via Crucis, tre che aiutano a meditare, appunto, l’incontro, come quello con la Madre narrato nella quarta sosta, nella quale Maria, sotto la croce, riceve ancora un’annunciazione. «La maternità di Maria, così unica e irripetibile, diventa una vocazione ad essere madre della Chiesa, di tutti i credenti. É così che si rivela la vocazione e la grazia di ogni madre. Colei che ha generato il suo figlio è chiamata a prendersi cura di tutta l’umanità. La grazia della maternità diventa testimonianza di amore per la vita, di quell’arte di amare che si esprime nella carne, di quella arte di intuire che interpreta anche quello che i figli non dicono».
Una missione femminile, tipica in ogni tempo, che il vescovo Mario definisce con espressioni di suggestiva bellezza. «C’è nella donna una vocazione che diventa missione di pace, strazio per ogni violenza, lutto per ogni morte. Per questo forse le donne sono così esposte alla violenza, in questo mondo talvolta così crudele, perché sono disposte a soffrire piuttosto che a far soffrire».
Poi, l’incontro con Simone di Cirene «il lavoratore che, costretto a portare la croce, riceve la rivelazione che il lavoro si compie, non nella produzione di un oggetto, non nel procurarsi un profitto, ma nell’esercizio di rendere più leggero il peso della croce altrui. Ossia che la capacità di agire, di fare, di lavorare, diventa possibilità di aiutare. Ogni mestiere cerca un compimento, ogni capacità lavorativa e competenza professionale non finiscono con l’orario di lavoro o quando si riceve la paga, ma quando si è disposti a portare i pesi gli uni degli altri». Come non pensare alla condizione di queste settimane?
Infine, ancora una donna, la Veronica, «che incontra Gesù privato di tutto, ridotto a niente e che trova nell’incontro il compimento della sua compassione. Veronica riceve la vocazione a vivere il suo spontaneo sentimento di benevolenza, non come l’emozione di un momento, ma come l’imprimersi di una conformità: riceve il volto di Cristo, partecipa dei sentimenti di Cristo, la sua bontà spontanea assomiglia alla compassione di Gesù. Così si compie la parola che dice: “Siate misericordiosi come è misericordioso il vostro Padre celeste”».
In Duomo
La via della croce ci insegna la fraternità universale, la condivisione dei pesi, la compassione
Nella Cappella feriale del Duomo si è svolta la Via Crucis quaresimale, guidata dall’Arcivescovo per la Zona pastorale VI-Melegnano. «Ci sentiamo lo stesso in cammino, ugualmente chiamati, anche in questi giorni un po’ strani, quando vediamo le cose da casa»
di Annamaria Braccini
14 Marzo 2020