La prima Via Crucis zonale guidata dall’Arcivescovo in questa quaresima così diversa e dolorosa, non è come potevamo immaginarla anche solo fino a pochi giorni fa. Senza fedeli, senza rappresentanti della Zona pastorale II-Varese, in cui si svolge, con le porte della chiesa dei Santi Ambrogio e Martino di Cairate – inserita, con Bolladello e Peveranza, nella Comunità Pastorale “Santa Maria Assunta” – chiuse, con i soli presbiteri a partecipare, tra cui il Vicario episcopale di Zona, don Giuseppe Vegezzi, il Decano del Decanato “Carnago”, don Paolo Croci e gli altri Decani, il responsabile della CP, don Cristiano Carpanese e i sacerdoti della Comunità stessa. Eppure, trasmessa via radio e proposta in streaming, è una Via Crucis forse anche più coinvolgente. “Esercizio che suggerisce come, dove, incontrare Gesù», per usare le parole del vescovo Mario.
Si percorrono simbolicamente la I, la IV, V, VI, XII, XIII Stazione, si prega con i testi meditativi curati dalla Comunità monastica “SS. Trinità” di Dumenza, si canta comunque seguendo il Coro davanti alla radio o allo schermo di un computer.
«Voi che domandate: “Ma dov’è Dio?”, voi che guardate il cielo alla ricerca di un segno che si affacci un Dio per ascoltare la vostra preghiera, voi che visitate luoghi consacrati con la certezza che contengano Dio, voi tutti che desiderate l’incontro con Dio, sentite il messaggio di questo ritmo devoto, della Via Crucis: incontrerete Dio proprio là, per strada, sulla via della croce», scandisce il Vescovo, nella sua riflessione, che sottolinea le nostre confusioni e obiezioni davanti al Signore. Come quelle di chi obietta che «nessuno può vedere Dio, in nessuna parte di questo mondo rovinato, di questa storia tribolata» o di chi dice, perdendo la possibilità di conoscerlo veramente: «Dio è presente dappertutto, non c’è neppure bisogno di cercarlo, è lì dove si fa un po’ di bene, dove si sta insieme con gli amici; non c’è bisogno di pregarlo, di rendere l’orecchio per ascoltarlo, quello che conta è essere buoni e fare del bene».
Da qui, l’indicazione dei «personaggi che il racconto evangelico e la devozione popolare hanno rappresentato per purificare il cuore e vedere Dio nella sua presenza sulle strade della vita». In primis, Maria, nella quale «l’intensità del sentimento, la generosità della dedizione, la commozione viscerale si trasformano in forme della fede se si lasciano stupire, interrogare e convertire dalla parola, dalla storia, dalla verità di Gesù, il figlio sconcertante anche per sua madre».
Poi, Simone di Cirene, «l’uomo di passaggio, qualsiasi, l’uomo della malavoglia, senza meriti e senza titoli, il passante che si può anche chiamare il malcapitato, ma che può incontrare Gesù. La situazione può essere occasione, l’incontro casuale fa pensare, la circostanza antipatica può aprire gli occhi, la costrizione può rivelarsi provvidenziale. La vicenda di Simone di Cirene insegna che l’incontro con Gesù sulla strada non è il privilegio dei santi e dei devoti: dice a ciascuno di noi che, imperfetti e qualsiasi come siamo, siamo adatti per portare la croce di Gesù».
«Non sottovalutarti mai, non tirarti indietro per la tua indegnità, non pretendere niente per la tua virtù, leggi invece la storia e ogni incontro: anche l’occasione antipatica può essere l’occasione propizia».
Come non pensare a ciò che tutti stiamo vivendo? .
Infine, la Veronica che asciuga il volto di Gesù e così lo riconosce. «La donna sconosciuta che la tradizione immagina sulla via della croce dedica un poco di tempo, un gesto di compassione e di tenerezza, un’attenzione al condannato che passa per strada. Il gesto inutile diventa occasione per la rivelazione, il tempo perso per Gesù è prezioso: il suo volto lascia traccia nella nostra storia».