Legandosi idealmente al recente pellegrinaggio “vocazionale” in Terrasanta, la Veglia diocesana nella basilica di Sant’Ambrogio ha visto radunarsi l’intera comunità del Seminario, giovani, uomini e donne consacrate, operatori pastorali e fedeli di ogni età attorno all’Arcivescovo per elevare con lui, ancora una volta, la propria accorata preghiera al Padrone della messe e ascoltare una parola capace di suscitare un’attenzione e un’inquietudine non rassegnata attorno alle sfide e al mistero della vocazione cristiana.
di Cristiano Passoni
La Chiesa ambrosiana ha recentemente vissuto un particolare e intenso momento di preghiera per le vocazioni nel pellegrinaggio nella terra di Gesù. Tenendo vivo nel cuore il desiderio di rendere grazie a Dio per il dono dei suoi pastori – gli 80 anni del card Martini e il 50° di ordinazione del card Tettamanzi – ha anche innalzato da quella terra così speciale la sua preghiera per tutte le vocazioni.
Legandosi idealmente a quel singolare momento di grazia, la Veglia diocesana nella basilica di Sant’Ambrogio ha visto radunarsi l’intera comunità del Seminario, giovani, uomini e donne consacrate, operatori pastorali e fedeli di ogni età attorno all’Arcivescovo per elevare con lui, ancora una volta, la propria accorata preghiera al Padrone della messe e ascoltare una parola capace di suscitare un’attenzione e un’inquietudine non rassegnata attorno alle sfide e al mistero della vocazione cristiana.
Come indicato nel Messaggio del Santo Padre per la XLIV Giornata, la preghiera e la riflessione si sono concentrate sul tema della vocazione al servizio della Chiesa comunione. In particolare l’attenzione al grande disegno di Dio e alla varietà sinfonica delle vocazioni sono stati i due grandi temi conduttori della veglia.
La lettera agli Efesini, soprattutto nel suo grande affresco inaugurale (Ef 1,3-12) e la chiamata dei discepoli secondo il racconto di Luca (Lc 6, 12-19) ne hanno, poi, marcato concretamente il percorso. La chiamata dei Dodici si comprende nella grande sinfonia di Dio. Essa sorge al mattino, dopo la preghiera di Gesù lungo la notte. Non c’è vocazione che non nasca dal mistero della relazione divina. Ma il nome nuovo pronunciato non è un tesoro privato o geloso; è, piuttosto, un dono per tutti, un dono che, secondo la felice immagine di Luca, rinvia alla missione nella grande pianura, nella quale gli uomini vivono la loro esistenza, accesi dal desiderio di una parola di salvezza e di un gesto di guarigione per le loro ferite.
E sul passo evangelico di Luca si è soffermato particolarmente l’Arcivescovo nella sua omelia. «All’alba il Maestro li chiama, li sceglie e dà loro il nome di apostoli: sono questi, secondo Luca, i tre verbi della chiamata… Anzitutto, egli chiama e sceglie. Non c’è nessuna auto-candidatura. Ciò che accomuna l’elenco dei Dodici non è una militanza, una provenienza sociale o una particolare dotazione: è soltanto la chiamata di Gesù e l’adesione a questa chiamata da parte dei Dodici… Gesù non solo chiama e sceglie, ma anche dà loro il nome di apostoli. Qui ritroviamo un’altra caratteristica della vocazione: il discepolo non è soltanto colui che è chiamato a vivere alla scuola del Maestro, che ha vissuto e vive continuamente alla sua presenza, ma anche colui che si lascia inviare per la missione».
Trattandosi di sinfonia, una buona parte della Veglia è stata riservata alla musica da ascoltare dal vivo. L’esecuzione da parte di alcuni giovani e promettenti musicisti dell’Allegretto, tratto dal Quintetto in SI minore per clarinetto e archi di Jh. Brahms (op.115) e il Larghetto dal Quintetto in LA maggiore per clarinetto e archi di W. A. Mozart (K581), hanno permesso di trovare nella musica stessa una concreta risonanza alle riflessioni. I singoli brani inoltre, sono stati opportunamente introdotti dalle suggestive riletture di don Carlo Josè Seno. «Alla preghiera e alla riflessione – ha sottolineato l’Arcivescovo – siamo stati introdotti, questa sera, non solo dalle parole, dal silenzio e dal canto, ma anche dall’ascolto di due brani musicali. La musica conserva sempre un incanto originario, capace di dischiuderci il mistero divino e di armonizzare i più diversi sentimenti che sbocciano nel nostro intimo».
La grande musica con le sue raffinate variazioni è stata davvero capace di condurci per mano alla preghiera e alla riflessione. Proprio all’interno di queste risonanze – come scriveva Benedetto XVI in un discorso dello scorso novembre, al termine del concerto del “Philarmonia Quartett Berlin”, «possiamo insieme costruire un mondo nel quale risuoni la melodia consolante di una trascendente sinfonia d’amore. Anzi, sarà lo stesso Spirito divino a renderci tutti strumenti ben armonizzati e collaboratori responsabili di una mirabile esecuzione in cui si esprime lungo i secoli il piano della salvezza universale».