Giocano “in casa” quest’anno gli oratori di Arese, dove le tre parrocchie cittadine sono tutte affidate ai Salesiani. Suonerà famigliare la storia di don Bosco e del suo oratorio di Valdocco (il rione di Torino dove il sacerdote salesiano iniziò a radunare i più piccoli), dato che proprio il racconto di questa avventura farà da traccia per, quest’estate, per gli oratori ambrosiani.
Don Roberto Smeriglio, che insieme a 150 animatori guiderà i ragazzi distribuiti tra l’Oratorio don Bosco (che si affaccia sulla piazza centrale di Arese) e il “Cortile Domenico e Laura” (dai nomi di San Domenico Savio e Santa Laura Vicuña), mette in luce alcuni “segreti” dell’animazione salesiana. A partire dalla scommessa sulla formazione degli animatori. Nello scorso fine settimana gli adolescenti di prima superiore hanno trascorso un week-end lungo a Cesenatico, insieme ai loro coetanei delle parrocchie salesiane del nord Italia: un modo per staccare dalla scuola appena terminata, ma anche per prepararsi al nuovo ruolo di animatori.
Grandi, ma non abbastanza
E poi l’attenzione particolare dedicata ai ragazzi di terza media, «che da una parte si rendono conto di essere ormai grandi, avendo finito la scuola, ma dall’altra non sono ancora abbastanza grandi per fare gli animatori», nota don Roberto. Così per loro c’è qualche gita in più, l’esperienza dell’arrampicata, ma anche il coinvolgimento diretto nella preparazione dei giochi, insieme ai più grandi.
Poi ci sono quei piccoli insegnamenti quotidiani trasmessi ai ragazzi secondo uno stile che, in fondo, è diventato quello di tutti gli oratori. Come la “parolina all’orecchio”: «Il salesiano – spiega don Roberto – sta in mezzo ai ragazzi, e il consiglio educativo arriva spezzettato tra un tiro al pallone e l’altro». O, ancora, come il “buongiorno salesiano”, ovvero la ripresa di una buona azione, di qualcosa di bello avvenuto nella giornata che può diventare un esempio per tutti.
«Ciascun ragazzo porta in sé la propria specificità, la propria bellezza, anche se a volte non sembrano immediatamente in armonia con quelle degli altri», sottolinea don Roberto pensando all’esempio del refettorio di Valdocco, costruito con pietre tutte diverse: «A fare da collante c’è la nostra vita al seguito dell’esempio di don Bosco e del Signore. Così anche noi possiamo costruire un ambiente, un’esperienza bella da vivere insieme».