Partire per una vacanza dove non si conosce nessuno e restare conquistati da un certo stile nello stare insieme e dalla possibilità di riflettere sull’esempio di grandi cristiani. È quello che è successo a un ex adolescente, oggi passato dalla parte degli educatori di Azione cattolica.
di Giacomo Cossa
Tutto ha inizio con un invito. Senza un invito è difficile “buttarsi”. Sarà perché una proposta impegnativa come una settimana formativa viene spesso scartata per il “fattore pigrizia”. Sarà per l’etichetta “Azione cattolica”, chissà poi perché, a volte spaventa ancora un po’. Ed allora il più delle volte la motivazione per “prendere ed andare” è proprio l’invito di un amico, di un educatore, di un sacerdote. Come avvenne per l’invito di Gesù ai discepoli: Venite e vedrete!
Anche per me c’è stato un invito alla base. A distanza di quasi dieci anni, è bello ricordare i volti degli amici e del sacerdote che mi hanno convinto, assai titubante, a partire per il classico posto “dove non si conosce nessuno”. Posto che si è rivelato, al termine della settimana, il luogo dove sembra di conoscere tutti da sempre e di aver condiviso con ognuno molto di più che una settimana sotto lo stesso tetto.
Quali sono i motivi di tutto questo? È certo difficile fare ordine e metterli a fuoco tutti. Ne ricorderò tre di quelli che mi colpirono di più quando partecipai alla mia prima settimana, a Santa Caterina Valfurva con gli adolescenti di Ac. Peculiarità che, anche oggi che sono passato dalla “parte” degli educatori, continuano ad essere le fondamenta di tali settimane.
Anzitutto lo stile. Uno stile da cristiani non chiassosi, né da primi della classe (come in fondo la famosa “etichetta” un po’ mi faceva temere). Uno stile da persone serie, preparate, pronte a rendere ragione della propria fede. Certo, allora eravamo solo adolescenti e ci rendevamo conto che, in fondo, non eravamo ancora né seri né preparati. Eravamo piuttosto un po’ goliardici e pieni di sogni per la nostra vita, come ogni altro adolescente che si rispetti.
In secondo luogo, mi colpirono proprio i compagni di viaggio: si trattava di persone del tutto normali. Anche questo, in un certo senso, fu una vera sorpresa, dal momento che la famosa “etichetta” aveva distorto la mia immagine dell’Ac. Ma con compagni di viaggio tanto “normali” condividevo un sogno grande per la vita: quello di diventare persone mature, persone “con la testa sulle spalle”. È proprio la presenza di persone come queste, tanto semplici quanto piene di sogni, che contribuisce a rendere unico il clima che si forma durante ogni settimana estiva. Un clima che ti permette di “ricaricare le pile” al termine di un anno impegnativo, caratterizzato magari da cammini di catechesi parrocchiali poco fruttuosi. La presenza di coetanei “belli”, pieni di voglia di fare e di crescere, rincuora e dà la carica necessaria per ripartire.
Il terzo ed ultimo motivo – quello che mi ha fatto “innamorare” delle settimane estive e, più tardi, dell’Ac in toto – è la presenza di testimoni credibili: laici cristiani poco più grandi di noi ma davvero capaci di testimoniare la propria fede. Con persone del genere, che qualche anno prima erano passate proprio dalle stesse settimane formative, l’aspirazione a diventare “cristiani con la testa sulle spalle” si faceva terribilmente concreta, palpabile con mano.
Non si parlava in modo astratto di Gesù o dei Santi. Si parlava degli uomini e delle donne che, con semplicità e nel quotidiano, avevano reso testimonianza a Gesù, con una vita incredibilmente retta e degna di essere imitata. Si parlava di figure del calibro di Vittorio Bachelet, Giuseppe Lazzati, Giorgio La Pira o Gianna Beretta Molla. Ma, soprattutto, se ne parlava con educatori che, nel loro piccolo e con tutte le difficoltà che la vita pone innanzi, provavano ad interpretare anche loro questo ideale di straordinaria quotidianità, di santità dell’ordinario.
È questo l’aspetto più incredibile di tali settimane: la possibilità di andare a “scuola di grandi maestri” illuminati dalla testimonianza di maestri più giovani, calati nella vita ordinaria e, proprio per questo, cristiani credibili.