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Speciale

SOUL 2025 punta sulla fiducia

Sirio 17 - 31 marzo 2025
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Evento

La tavola: nutrirsi dell’altro

Venerdì, al Refettorio ambrosiano, nell’ambito di “Soul. Festival di spiritualità”, una serata di condivisione fra buon cibo, musica e riflessioni. Ospite d’eccezione il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione. Ma anche, fra gli altri, Marta Cartabia, già Guardasigilli, e monsignor Luca Bressan, vicario episcopale e co-curatore del Festival. Il saluto di Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana

di Annamaria BRACCINI

22 Marzo 2025
Milano, Refettorio Ambrosiano

La tavola, intorno a cui ritrovarsi per mangiare insieme, come spazio concretissimo e, insieme, simbolico. Luogo che, attraverso il cibo, rende possibile vivere e, con un pasto condiviso, fa diventare fratelli e sorelle.

È una serata dai molti rimandi, volutamente emblematici, quella per cui la gente, in una serata fredda che promette pioggia, si mette in fila davanti alla porta del Refettorio ambrosiano, preceduta dal grande portale allegorico, la “Porta dell’Accoglienza” di Mimmo Paladino in tutto simile a quello di Lampedusa, per uno degli eventi più attesi di “Soul. Festival di Spiritualità”, ormai in pieno e felice svolgimento nella sua seconda edizione. Dedicato, quest’anno, a “Fiducia. La trama del noi” che si traduce, per l’occasione, in una cena (vera) di stile monastico dal titolo “La tavola: nutrirsi dell’altro”, intervallata da momenti musicali e da letture.

Accolti dai volontari di Caritas e dell’Associazione legata al “Refettorio”, sorto 10 anni fa per iniziativa della Diocesi in coincidenza con l’“Expo 2015” svoltasi a Milano, l’incontro vede la presenza di un ospite d’eccezione, il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, teologo e poeta, autore di numerose raccolte tra cui la famosa “Estranei alla terra” del 2023.

Tra i tavoli di design, la cucina a vista dove si prepara la cena, la bellezza di un luogo arioso che, fin dalla sua origine, è stato molto di più di una mensa, si snoda l’appuntamento con gli ospiti seduti a tavola gli uni accanto agli altri, semplici cittadini e volti noti come la già Guardasigilli, Marta Cartabia, docenti universitari e chi volle il “Refettorio” stesso: monsignor Luca Bressan, vicario episcopale e co-curatore del Festival, il consulente culturale Davide Rampello, mons. Davide Milani, allora portavoce del cardinale Angelo Scola arcivescovo di Milano, e Luciano Gualzetti, direttore di Caritas ambrosiana che porge il saluto di benvenuto.

Il cardinale José Tolentino de Mendonça e mons. Luca Bressan

Gli interventi di benvenuto

«10 anni fa abbiamo inventato un modo di proporre solidarietà e attenzione legate al cibo, in occasione dell’Esposizione universale il cui titolo era “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ci ponemmo il problema dello scandalo delle eccedenze alimentari prodotte dalla kermesse (della durata di 6 mesi, dal 1 maggio al 31 ottobre 2015) che potevano essere riutilizzate. Le abbiamo recuperate – allora fu messa in atto una filiera virtuosa che vide coinvolte aziende alimentari, Caritas, artisti, soggetti istituzionali, chef di fama mondiale impegnati a turno tra i fornelli – e continuiamo a farlo con ciò che viene avanzato dalla città di Milano, facendo mangiare ogni sera oltre 100 persone in difficoltà. Valutammo – continua Gualzetti – che fosse necessario non solo nutrire la pancia, ma anche gli occhi e il cuore con la bellezza».

Nacque così il Refettorio ambrosiano nello spazio di un vecchio cinema contiguo alla parrocchia di San Martino in Greco, divenuto nel tempo luogo di spaccio e di degrado, mentre oggi, oltre l’attività giornaliera di Caritas, il “Refettorio” «la cui vita è resa possibile da 120 volontari che curano le persone che incontrano», promuove iniziative didattiche per scuole, culturali e per anziani, ponendosi ormai come il vero centro aggregativo del quartiere.

«Crediamo che dare fiducia e credito a coloro che sono in difficolta li metta in condizione di ripartire con le proprie gambe. Non siamo contenti quando le file alle mense si allungano, ma quando si accorciano, perché vuol dire che siamo riusciti a dare qualcosa».

Il saluto di benvenuto di Gualzetti, direttore Caritas Ambrosiana

Un «qualcosa» che ha molto a che fare con il tema della fiducia reciproca che tesse legami nella città troppo spesso indifferente, secondo quanto suggerisce Aurelio Mottola ideatore e co-curatore di “Soul”, presentando il senso dell’incontro che si pone – spiega – «nell’antica tradizione del pranzo monastico comune, attualizzandolo».

«Questo momento» (cena con offerta libera per sostenere i costi del servizio offerto e di quello quotidianamente dedicato ai poveri), intende essere una sorta di sospensione per nutrire insieme il corpo e lo spirito, come il Festival, nel suo complesso, intende offrire la possibilità di una pausa di riflessione quando si vivono ritmi frenetici. Stare a tavola insieme è un gesto di fiducia implicita: ci si nutre della presenza dell’altro prendendo il cibo che è più del puro nutrimento», conclude Mottola.

Si avvia così la cena – risotto con carciofi, tortino di verdura con fonduta di formaggio e gelato di fragola, preparato dai volontari con le eccedenze -, tra le elevazioni musicali eseguite al meglio al pianoforte da Sergio Delmastro e Monica Cattarossi, stralci di letture tratte da opere di John Fante, Raymond Carver e Varlam Šalamov, scelte dallo stesso Porporato. Tutti brani letti da Roberta Cerutti, che hanno attinenza con il cibo, mentre il silenzio delle persone e il suono lieve, educato, ritmato e metallico delle posate sui piatti, fa da sottofondo.  

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Il cibo simbolo della vita concreta e spirituale

«Il verbo mangiare identifica la nostra vita, indica la prima forma di amore. Quando nasciamo, alle madri, a un amore incondizionato, sono affidate la prima fame e la prima sete. Il cibo non è condizione della sola vita biologica, ma della nostra costruzione interna affettiva e più primordiale», scandisce subito il cardinale Tolentino.

«Senza i pasti la nostra esistenza non sarebbe la stessa: mangiare non è solo ingerire un nutrimento, è ruminare, metabolizzare il mondo e fare sintesi. In gioco c’è la trasformazione dell’essere. Anche quando lo facciamo da soli, o in silenzio come stasera, si tratta di un’azione comunitaria, perché l’altro è sempre almeno presupposto come parte del nostro orizzonte. Ci nutriamo gli uni degli altri, perché abbiamo bisogno di interiorizzare l’altro, il suo volto, il suo affetto che diventa per noi un nutrimento spirituale», prosegue il Prefetto del Dicastero vaticano.

Il riferimento è a Gesù che, quando ha detto che la sua carne è vero cibo e il suo sangue vera bevanda, sapeva bene che ciò che nutre è inseparabile dal desiderio che l’altro viva».

 

«Mangiare è un momento umano di grande portata perché la tavola è come uno specchio che riflette la vita e a tavola non si consuma solo un atto biologico, ma quello dei codici più antichi del mondo», aggiunge il Cardinale in riferimento a Plutarco «che vedeva la compagnia a tavola come un microcosmo che riflette desideri e proibizioni, richieste di senso».

«Quando si arriva a comprendere la logica e il contenuto dei nutrimenti, e l’ordine che regola la tavola, si conquista una conoscenza importante. Questo permette il riallacciarsi di una biografia, di fili spezzati, di annodare l’intima architettura di una vita. Mangiare insieme è un metodo per cercare insieme la verità». Anche perché «partendo da ciò che è scritto nella legge e nella tradizione, non possiamo dimenticare che il primo comandamento stabilito da Dio, di fronte ad Adamo ed Eva, fu di ordine alimentare e il riferimento al cibo è frequentemente rappresentato nell’Esodo del popolo di Israele guidato da Abramo verso la terra promessa e nell’attesa messianica, descritta quale banchetto da cui non sono esclusi i poveri».

La tavola come luogo di fraternità  

Basti pensare alla Pasqua e a Gesù che, intorno alla tavola, offre la più grande prova di amore: l’Eucaristia «che è una lezione reale e pressante», perché «se il pane non viene messo in comune e non viene servito, si spreca, si perde e anche noi sprechiamo la nostra esistenza. Per questa ragione il Vangelo dice che chi vuole ottenere la vita deve consegnarsi affinché questa sia alimento per qualcuno. Possiamo vivere nell’egoismo o nella paura, soggiogati da quella dittatura dell’indifferenza di cui parla papa Francesco, installati in una zona comoda che impermeabilizza la nostra vita. Invece, la tavola è una macchina per costruire la fraternità, per dissipare le diseguaglianza e creare comunione: un apparato per farci fratelli e sorelle, per immaginare una nuova umanità in cui i muri e le distanze vengano superate».

E, infine, la frase che rimane impressa nel cuore. «Mi piace pensare che la nostra tavola domestica quotidiana sia il luogo profetico per eccellenza e che la tavola condivisa sia l’utopia che abbiamo a portata di mano».

Alcuni volontari del Refettorio Ambrosiano

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