«Voi siete i primi parroci e responsabili di Comunità pastorali che io introduco in questo Ministero dopo il Sinodo. Questo evento, così disteso nel tempo, ci dice che il tema della sinodalità caratterizza la Chiesa che lo Spirito santo conduce in questo tempo. Ciò, da un lato, è un motivo per sentirsi incoraggiati ad assumere queste responsabilità perché il parroco non è solo e, dall’altro, richiede tutte quelle attenzioni, perché la sinodalità non sia un peso in più da portare, ma un volto di Chiesa e uno stile pastorale. Dobbiamo domandarci in coscienza come possiamo essere dentro questo percorso del camminare insieme per cui sono importanti le diaconie e i Consigli pastorali».
L’Arcivescovo prende avvio dalla XVI Assemblea generale dei Vescovi, conclusasi alla fine di ottobre, per offrire una prima indicazione ai tre sacerdoti che accoglie nella Cappella arcivescovile per l’Immissione nell’Ufficio di parroco e per l’avvio ufficiale di una Comunità pastorale. Nello specifico (vedi qui): don Umberto Bordoni, chiamato a divenire parroco di San Donato a San Donato Milanese, Santa Barbara e Sant’Enrico in Metanopoli; monsignor Roberto Davanzo, responsabile della nuova Cp Santa Maria Nascente di Calvairate a Milano; don Alberto Galimberti, per la Cp San Martino di Pioltello (questi ultimi due presbiteri accompagnati dalle rispettive diaconie). Presenti anche i due Vicari episcopali delle Zone pastorali coinvolte, il vescovo monsignor Giuseppe Vegezzi (Zona I) e monsignor Antonio Novazzi (Zona VI).
L’Immissione si celebra nel contesto della preghiera dell’Ora media. Dal riferimento alla pagina di Vangelo di Giovanni 10, l’Arcivescovo aggiunge: «Gesù è il buon pastore, e vorrei sottolineare che lo è solo lui, noi siamo servi di questa premura che Gesù ha per il gregge: siamo in comunione con Gesù. Il nostro Ministero non ci fa sostituti di Gesù, ma ci rende uniti a lui. Noi non possiamo fare tutto, non tutto dipende da noi, siamo relativi».
Infine, la terza parola, ispirata dai Salmi – parte del 118, del 78 e il 79 – appena pregati che esprimono «un senso di desolazione con una visione drammatica che fa riferimento al tempio di Gerusalemme». «Questa idea di una Chiesa che è insidiata da molte critiche, intristita da molti abbandoni, significa che il nostro Ministero accetta anche questa situazione come occasione per rinnovare la fede nel Signore. Il prete, il parroco come tutti – il Salmo 79 termina con l’espressione “Rialzaci, Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi” – devono essere persone di preghiera perché il male è troppo pervasivo e se non mettiamo le nostre preoccupazioni, quello che facciamo davanti al Signore, il nostro darci da fare rischia di essere segnato dal velleitarismo».
Poi, dopo il giuramento nell’assumere l’Ufficio di parroco e di Comunità pastorale, da esercitare a nome della Chiesa, il giuramento sui Vangeli, la lettura da parte dell’Ordinario, l’Arcivescovo, del Decreto di Immissione in possesso e la benedizione.