Come ormai consuetudine, si rinnova nella domenica di Pentecoste l’appuntamento con la Festa delle Genti, che raduna i cristiani cattolici migranti della Diocesi. Quest’anno la Festa si celebra a Santo Stefano, che, come spiega Don Alberto Vitali, responsabile diocesano della Pastorale dei migranti, «dal febbraio 2015 è la parrocchia personale di tutti i migranti, vale a dire una parrocchia a tutti gli effetti, tranne per il fatto che il criterio di appartenenza non è territoriale, ma legato alla persona. Vi fanno capo i cristiani cattolici latino-americani e filippini, i due gruppi etnici più consistenti, e in generale tutti i migranti che non hanno una cappellania propria».
Spiega ancora don Vitali: «Questa Festa, a cui parteciperà anche l’arcivescovo Delpini, assume un significato particolare perché cade nell’anno del Sinodo minore Chiesa dalle genti. Proprio per questo abbiamo voluto mantenere la celebrazione a Santo Stefano, per sottolineare il rapporto stretto che c’è tra i nuovi ambrosiani, la diocesi e l’Arcivescovo. La parrocchia dei migranti, infatti, è particolarmente legata alla cattedrale, perché piazza Santo Stefano è parte del territorio della parrocchia di Santa Tecla, la parrocchia del Duomo di Milano».
L’obiettivo del Sinodo, ricorda infatti don Vitali, è proprio «prendere coscienza di come, pur avendo radici saldamente ambrosiane, questa Chiesa sta diventando letteralmente “cattolica”, cioè universale, come per sua natura dev’essere. Se riuscirà davvero a farlo, potrà incarnare quella comunità alternativa di cui parlava il cardinale Martini. La Chiesa deve essere un laboratorio, capace di suggerire alla società che è possibile vivere nelle differenze ed elaborare progetti di convivenza. Ed è proprio l’obiettivo che si propone il Sinodo».
È interessante che un’iniziativa così importante sia stata una delle prime urgenze di monsignor Delpini: «Era Arcivescovo da meno di un mese e ha intuito come una delle sfide e delle grandi occasioni per la Chiesa di Milano sia proprio la pastorale dei migranti. L’Arcivescovo insiste molto sul carattere pastorale che deve avere il Sinodo. Non si tratta di fare accoglienza e solidarietà, ma di camminare insieme, nella diversità, come un un’unica Chiesa».
È questo anche il significato della Pentecoste, che non a caso è la festività in cui si celebra la Festa delle Genti: «A Pentecoste il dono dello spirito ha radunato tutti i popoli che, pur continuando a parlare lingue diverse, sono tornati a comprendersi in un linguaggio superiore. Lo Spirito non appiattisce le differenze. È importante ricordarlo, in questo momento storico in cui le differenze fanno così paura».
La Festa delle Genti ci aiuta infatti a comprendere, precisa don Vitali, «che il mondo non sta cambiando perché arrivano i migranti, ma i migranti stanno arrivando perché il mondo è cambiato. E che, a prescindere dai migranti, anche noi stiamo cambiando. Pensiamo alle nuove generazioni: non sono soltanto un po’ più evolute di noi, ma vivono in una dimensione completamente nuova, con la possibilità di comunicare alla velocità della luce. Ecco, io penso che il migrante sia l’occasione per comprendere che anche noi siamo in evoluzione e questo, come tutte le novità, può generare paura. Ma alla luce della fede il cristiano sa che lo Spirito guida la storia perché Dio ha un progetto sulla storia e questo è un appello di responsabilità. Il cristiano sa bene che non può leggere la realtà solo attraverso categorie sociali o economiche, ma deve decidere se, all’interno della storia, si pone come collaboratore o come oppositore del progetto di Dio».
Dopo la celebrazione eucaristica alle 11, ci saranno il pranzo insieme e poi un pomeriggio di festa che assume un valore particolare, spiega don Vitali: «I migranti hanno parecchie feste tradizionali in cui si incontrano tra gruppi omogenei. La Festa delle Genti è una delle poche occasioni in cui il filippino e il peruviano possono incontrarsi e stringersi la mano».
La Festa sarà anche l’occasione per presentare il nuovo vicario episcopale dei migranti, don Mario Antonelli, che ha un trascorso come fidei donum in Brasile e che in questi anni ha già collaborato con l’Ufficio missionario diocesano e con la Pastorale dei migranti.