Il segretario della Cei monsignor Betori: «Sarebbe grave
aggiungere violenza a violenza». Il vescovo di Arezzo
monsignor Bassetti: «Non creare scontri per un senso
di vendetta o ribellione». Il teologo padre Rungi:
«La Chiesa grida alla misericordia e al perdono». Il parroco
del ragazzo morto: «Dev’esserci anche una giustizia umana»
Dopo la morte di Gabriele Sandri e gli incidenti di domenica, mentre si respirava una sorta di “caccia al poliziotto” da parte di chi attribuiva a tutte le forze dell’ordine la responsabilità del gesto di un agente, «massima vicinanza alla famiglia del giovane ucciso» è arrivata dal segretario generale della Cei monsignor Giuseppe Betori, che ha condannato «il clima complessivo di violenza che si esprime in diversi contesti e, persino, nello sport». Quanto avvenuto, ha evidenziato Betori, «fa ancora più male perché lo sport dovrebbe essere luogo di crescita e di educazione. Ciò che sta accadendo è quanto di più contraddittorio alla natura dello sport. Sarebbe grave aggiungere violenza a violenza».
Un appello già lanciato dal vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, monsignor Gualtiero Bassetti, che ha invitato a non creare «scontri per un senso di vendetta o ribellione». «La vendetta – ha ricordato – genera soltanto ulteriore dolore. Lo sport non è dolore. Lo sport è svago e sorgente di piacevole distensione. Lo sport è rispetto per l’avversario e sana competitività. Lo sport è solidarietà che non può essere macchiata da gesti inconsulti». Il vescovo ha inoltre richiamato il ruolo dei dirigenti sportivi e degli atleti. «Coloro che sono ai vertici dei gruppi sportivi e coloro che ogni giorno scendono sui terreni da gioco – ha invitato – non siano i primi fomentatori di azioni facinorose che possono essere emulate dai tifosi».
«La vita non può mai essere sacrificata sull’altare dello sport e vale infinitamente di più di una gara di campionato – ha proseguito monsignor Bassetti -. Lo sport è un mezzo che può contribuire a far crescere la persona e a educare sia umanamente, sia spiritualmente. Eppure oggi assistiamo a forme di devianza che inquietano». Ne è un esempio «la violenza che troppo spesso si incunea fra gli atleti e fra i tifosi dentro e fuori gli impianti. Il clima di esasperazione che circonda gli eventi dello sport, e in particolare quelli calcistici, è da condannare. La crescita umana e la violenza non possono abitare nella stessa dimora. Dove c’è violenza, non può esserci Dio». «Silenzio» e riflessione sul «perché avvengono simili tragedie» è la richiesta venuta da padre Antonio Rungi, teologo morale: «La Chiesa in questi drammatici casi non grida alla vendetta, ma alla misericordia e al perdono».
«Non si ottiene giustizia con la violenza, questo è sicuro», ha invece sottolineato don Paolo Tammi, parroco di San Pio X nel quartiere della Balduina (dove viveva Sandri), che mercoledì ha celebrato i funerali del giovane davanti a migliaia di persone, tra le quali gruppi di tifosi di varie squadre. Durante le esequie il sacerdote ha però aggiunto: «C’è una giustizia divina, ma deve esserci anche una giustizia umana. Qualcuno dovrebbe dirci il perché di questa morte assurda». «Giustizia e verità devono arrivare presto – ha proseguito – perché poi verrà pian piano anche il perdono».