Come essere un esempio per gli altri? Come hanno vissuto i santi per essere ricordati? Quanto le loro storie sono vicine alla nostra vita? Porteranno queste domande gli adolescenti della Diocesi incontrandosi nella Basilica di Sant’Ambrogio questa sera (martedì 31 ottobre).
Nella Notte dei Santi, alla vigilia della festa liturgica, 2.200 ragazzi andranno alla scoperta delle tracce di santità che Milano racconta nella sua arte, a partire dalle chiese più antiche. Una santità – questo il tesoro da scoprire – che si può vivere non solo e non tanto come un punto di arrivo, ma come una condizione di partenza. «Perché nella vita spirituale non esiste una maggiore età», ricorda don Stefano Guidi, responsabile diocesano degli oratori, e anzi «la santità personale inizia con la proposta di amicizia che Gesù fa a ciascuno di noi, fin dall’inizio della nostra vita». Dunque, prosegue don Stefano, «già da ora viviamo l’esperienza della santità, a partire dal momento in cui rispondiamo a questa chiamata». Per questo, ricorda don Guidi riprendendo la Lettera agli Ebrei, i primi cristiani si chiamavano tra loro «santi»: «Riconoscevano che l’elemento qualificante della vita è la chiamata del Signore, a cui cercare di corrispondere nella quotidianità».
Come fare?
Parole che sembrano già una risposta alle domande dei più giovani: «Io, ma anche i miei amici, ci chiediamo come fare a diventare santi», è la domanda di Giorgia, dell’oratorio di Sant’Ambrogio a Vignate. Simile l’interrogativo di Aurora, che sarà a Sant’Ambrogio con gli amici della Comunità pastorale Sant’Anselmo da Baggio. «L’anno scorso abbiamo approfondito la figura di San Francesco, ma mi sono chiesta se non fosse troppo distante dalla mia vita», ricorda. Così Aurora si aspetta di poter scoprire qualche altra storia di santità, che, immagina, per lei potrebbe essere d’ispirazione.
E ancora, come confida Noemi, sempre di Vignate, il desiderio di essere d’esempio per gli altri può essere frenato da un malinteso senso di perfezione, che non consente di esprimere a pieno se stessi: «Se qualcuno mi fa notare un mio difetto, che però corrisponde anche a una parte importante della mia personalità, tenderò a nascondere questo lato di me: ma a quel punto, non sarò più io al cento per cento».
Non è un premio
Un sentimento a cui vengono di nuovo in soccorso le parole di don Stefano: «A volte la società ci propone modelli che sono pressoché irraggiungibili, e da cui dunque ci sentiamo schiacciati. Neanche la santità va vista come un premio, un riconoscimento di qualità eccezionale». L’invito alla santità è piuttosto un messaggio di fiducia: «Il Signore ci chiama perché ci vede, ci pensa, ci considera degni di stima». Una fiducia che nella veglia di martedì si esprimerà nelle parole che l’Arcivescovo si rivolgerà ai ragazzi; e anche, quasi a rappresentare una ripartenza, nella possibilità di vivere il sacramento della Confessione.
Una santità che non è slegata dalla vita del mondo: la serata sarà anche l’occasione per partecipare alla raccolta fondi di Caritas Ambrosiana in aiuto di Caritas Gerusalemme (leggi qui), pensando al drammatico conflitto di questi giorni. Su un grande telo nel chiostro di Sant’Ambrogio, i ragazzi potranno poi esprimere un loro pensiero di pace.