«Ambrogio e la politica». Un tema sicuramente di alto profilo scientifico – e così approfondito nei lavori del Dies academicus dell’Accademia Ambrosiana, Classe di Studi ambrosiani -, ma ricco anche di risonanze per l’oggi. Questo il senso della due giorni svoltasi presso la Biblioteca Ambrosiana, alla presenza di un pubblico attento di docenti, studiosi, studenti universitari, ecclesiastici, tra cui monsignor Enrico dal Covolo, vescovo e assessore del Pontificio Comitato di Scienze storiche.
«Finalmente si ricomincia a guardarci in faccia, anche se con qualche trepidazione», dice subito con evidente soddisfazione monsignor Marco Ballarini, prefetto della Biblioteca-Pinacoteca e presidente dell’Accademia, che annuncia: «Nel 2024 vivremo un Dies academicus collettivo di tutte le 8 Classi di Studi dell’Accademia, su un progetto che troverà in quell’occasione una specie di vetrina, poiché inizieremo a interessarci dell’epistolario di Federico Borromeo e ogni Classe sarà incaricata di trovare un filone interpretativo consono alla propria specificità. È difficile che tale progetto vada in porto a breve, o anche forse a medio termine, ma dobbiamo avviarlo».
Accanto al prefetto – in rappresentanza dell’Arcivescovo, fondatore dell’Accademia e Gran Cancelliere, assente perché impegnato nel Consiglio permanente della Cei -, il vicario episcopale monsignor Luca Bressan e monsignor Marco Navoni, viceprefetto e direttore della Classe di Studi ambrosiani.
I nuovi Accademici e il ricordo di Lellia Cracco Ruggini
Tre i nuovi accademici, cooptati nell’occasione: l’inglese Allen Brent, il francese Paul Mattei – entrambi patrologi – e lo storico dell’epoca del tardoantico e docente di Storia romana, Umberto Roberto, cui è stato affidato anche il ricordo di Lellia Cracco Ruggini, grande conoscitrice e docente dell’epoca romana e santambrosiana nota a livello internazionale, “anima” dell’Accademia, scomparsa lo scorso anno. Poi la prolusione del professor Andrea Giardina, membro dell’Accademia nazionale dei Lincei. Un’ampia, dottissima e articolata disamina degli scritti di Ambrogio e, nello specifico, del De obitu Theodosii.
L’intervento di monsignor Bressan
«Parlare di Ambrogio e la politica ci permette di leggere la Chiesa e il suo sviluppo in analogia con tutti gli organismi sociali. Viviamo in un cambiamento di epoca che muta i rapporti Chiesa-mondo e quindi bisogna tornare alle sorgenti, come l’Editto di Milano del 313, con le dinamiche politiche che ha acceso», osserva in apertura del suo intervento monsignor Bressan, che fa riferimento a tre aspetti specifici.
«In primis, la capacità che aveva Ambrogio di leggere e interpretare la storia, attraverso la dinamica dell’inventio, del ritrovamento (per esempio delle reliquie) per indicare qualcosa in cui tutti potessero riconoscersi, in quanto la popolazione della Milano pur tanto amata da Ambrogio (come osservò Montini in uno dei suoi Discorsi alla Città) era quanto mai eterogenea, con correnti etniche e religiose evidenti e una maggioranza di non battezzati. Ambrogio introduce nella città uno spirito nuovo; come ha scritto uno scrittore moderno, inventa i milanesi».
Il secondo aspetto è «la necessità di riscoprire la libertà religiosa da parte di un soggetto corporativo capace di tenere insieme la diversità e gli opposti. È attraverso Ambrogio che Agostino rielabora il suo concetto di pace, che non è mancanza di guerra, ma strumento di azione politica e di governo».
E, infine, il terzo passaggio: «Come ha notato lo studioso William Cavalon, Ambrogio riuscì a introdurre tra le altre corporazioni, una nuova: il popolo di Dio, la comunità locale che sappiamo quale evoluzione fondamentale avrà».
Un aspetto particolarmente interessante – questo – se ci domandiamo cosa consegni la vicenda santambrosiana a tutti noi: «Che è possibile lavorare sul rapporto tra trascendenza e politica. Voi fate il vostro Dies academicus – sottolinea ancora Bressan – in una Diocesi che si sta ripensando anche attraverso il Sinodo “Chiesa dalle genti”, come l’Arcivescovo chiese nel 2018. Oggi vi è una frammentazione che chiede di essere ricomposta: da una parte ci sono le vestigia di un passato che non c’è più – il mitico reticolo parrocchiale ormai vale solo per noi -; dall’altra dobbiamo interrogarci su come essere presenti. Come far vedere che la fede trasfigura la storia? Che la risurrezione di Cristo ha cambiato il mondo? Come siamo capaci di essere ciò che Ambrogio è stato nel suo mondo e nel suo tempo?».