La Chiesa ortodossa ucraina guidata dal Metropolita Onufriy e legata al Patriarcato di Mosca condanna la guerra, esprime dissenso rispetto alla posizione presa dal Patriarca Kirill sul conflitto e ha adottato una serie di emendamenti sullo Statuto che sanciscono «la piena indipendenza e autonomia della Chiesa ortodossa ucraina». È quanto ha stabilito il Consiglio della Chiesa ortodossa ucraina in una riunione straordinaria che si è conclusa con un servizio funebre per le persone uccise durante la guerra.
In un comunicato, il Dipartimento per l’informazione e l’istruzione della Chiesa ortodossa ucraina spiega che il Consiglio è stato convocato per esaminare «le questioni della vita della Chiesa sorte a seguito dell’aggressione militare della Federazione Russa contro l’Ucraina». Sulla base dei risultati dei lavori, il Consiglio ha approvato una serie di risoluzioni. Nella prima si afferma che il Consiglio «condanna la guerra come una violazione del comandamento di Dio “Non uccidere!” ed esprime le condoglianze a tutti coloro che hanno sofferto in guerra». Fa quindi «appello alle autorità dell’Ucraina e della Federazione russa affinché proseguano il processo negoziale e cerchino una parola forte e sensata che possa fermare lo spargimento di sangue».
Il dissenso con il Patriarca
Al punto 3, la risoluzione forse più forte: «Non siamo d’accordo con la posizione del patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia sulla guerra in Ucraina». Da qui, la decisione di adottare «gli opportuni emendamenti allo Statuto sull’amministrazione della Chiesa ortodossa ucraina, che testimoniano la piena indipendenza e autonomia della Chiesa ortodossa ucraina». Nella risoluzione, il Consiglio torna ad esprimere «il suo profondo rammarico per la mancanza di unità nell’Ortodossia ucraina». Il riferimento è all’autocefalia concessa dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli alla Chiesa ortodossa ucraina, guidata dal metropolita Epifaio. «È particolarmente spiacevole – si legge nel testo – che le recenti azioni del patriarca di Costantinopoli in Ucraina, che hanno portato alla formazione della “Chiesa ortodossa dell’Ucraina”, abbiano solo approfondito le incomprensioni e portato a uno scontro fisico. Ma anche in tali situazioni di crisi, il Consiglio non perde la speranza di riprendere il dialogo». Affinché il dialogo abbia luogo, il Consiglio pone come condizione «fermare il sequestro di chiese e i trasferimenti forzati di parrocchie della Chiesa ortodossa ucraina».
Secondo l’agenzia Risu, dopo il 24 febbraio, dall’inizio dell’aggressione russa su vasta scala in Ucraina si è intensificato il processo dei trasferimenti di parrocchie ortodosse dalla Chiesa legata a Mosca a quello autocefala Ucraina. In totale, dal 24 febbraio al 12 maggio, più di 200 comunità in Ucraina hanno lasciato le parrocchie legate a Mosca.