14Mentre la politica, sempre più frequentemente, usa i migranti per fare propaganda, la Chiesa (i vescovi, i preti, il popolo dei fedeli) cerca soluzioni concrete per la vita di queste persone, coniugando Vangelo a realtà, diritti ad accoglienza reale. Un grande impegno che, pur con i suoi inevitabili limiti, solo chi è in malafede può negare, disconoscere o ridicolizzare.
Volgendo lo sguardo al cielo, ma restando con i piedi ben piantati per terra, come molte altre Diocesi anche quella di Milano ha risposto con i fatti alle parole di odio, agli slogan sempre più incattiviti, a volte persino agli insulti che hanno occupato il dibattito pubblico. Un chiasso sempre più assordante, che ha per effetto quello di creare un solco sempre più profondo tra quello che accade realmente e ciò che viene rappresentato.
Può allora essere utile ripercorrere quest’ultimo anno mettendo a confronto il racconto sull’immigrazione fatto in occasione di alcuni episodi di cronaca che hanno fortemente diviso il Paese e il lavoro silenzioso che nel frattempo ha messo in campo insieme alle altre proprio la Diocesi di Milano, attraverso la Caritas Ambrosiana.
20 agosto 2018. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini vieta alla nave della Guardia costiera italiana “Ubaldo Diciotti” di sbarcare a Catania 177 naufraghi soccorsi al largo di Malta. Inizia una braccio di ferro tra il Governo italiano, quello di Malta e gli altri Paesi Ue. Si chiede che intervenga l’Europa. Intanto i migranti restano a bordo in condizioni sempre più drammatiche. Alla fine la soluzione si trova grazie alla Conferenza episcopale italiana: cento migranti vengono presi in carico dalla Cei e dalla Caritas. Dall’hotspot di Messina i migranti sono trasferiti nel Centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Rocca di Papa, vicino Roma, e poi assegnati alle diverse diocesi italiane che si sono rese disponibili all’accoglienza. Tra queste c’è anche la Diocesi di Milano. Il 31 agosto 8 profughi che erano a bordo della “Diciotti” arrivano a Casa Suraya, centro di accoglienza alle porte di Milano, gestito dalla cooperativa Farsi Prossimo all’interno di un complesso di proprietà dell’Istituto delle Suore della Riparazione, dove sono già presenti altri richiedenti asilo. I costi dell’accoglienza sono a totale carico della Chiesa per tutto il periodo del loro soggiorno.
7 settembre. Per il blocco dei migranti a bordo della nave “Diciotti” la Procura di Palermo invia gli atti dell’inchiesta su Matteo Salvini al Tribunale dei Ministri: il reato ipotizzato è quello di sequestro di persona aggravato. Sulle prime pagine dei giornali e nelle aperture dei tg infuriano le polemiche. I tifosi dell’una e dell’altra parte si insultano sui social. Qualche mese dopo il Senato respingerà l’autorizzazione a procedere, riaccendendo di nuovo gli animi. Nel frattempo continua l’opera di accoglienza dei volontari e degli operatori Caritas in tutta Italia. Nella Diocesi di Milano almeno 500 volontari e un centinaio di operatori si occupano di offrire vitto, alloggio, corsi di alfabetizzazione e di formazione professionale a 2300 migranti ospitati in 100 appartamenti di proprietà delle parrocchie e in 15 strutture di proprietà di istituti religiosi. Il sistema di accoglienza diffusa è convenzionato con le Prefetture (emanazione del Ministero dell’Interno), che stabiliscono regole e assegnano risorse sulla base di bandi pubblici. Ma i soldi che arrivano dallo Stato non bastano per sostenere l’integrazione. Caritas Ambrosiana si trova così costretta a integrare i finanziamenti pubblici con risorse proprie.
28 novembre. La Camera approva in via definitiva il cosiddetto Decreto Sicurezza. Il provvedimento cancella il riconoscimento dello status di rifugiato per ragioni umanitarie. Diversi migranti perdono il diritto a rimanere nei Centri di accoglienza. Caritas Ambrosiana annuncia che non lascerà nessuno per strada. Per permettere ai propri ospiti di proseguire i percorsi di integrazione, l’organismo diocesano lancia un Fondo di solidarietà, facendo appello alla generosità dei cittadini. La risposta è sorprendente: in 6 mesi il Fondo raccoglie 550 mila euro. Grazie a queste risorse 50 migranti, che sarebbero finiti per strada, continuano i corsi di italiano e di formazione professionale. Prosegue l’accoglienza anche di 26 migranti giunti dall’Etiopia attraverso i corridoi umanitari, un altro progetto sostenuto dalla Cei. Il primo rapporto di Caritas Italiana dimostra che i corridoi umanitari possono essere una delle modalità per aprire vie legale di accesso al nostro Paese.
29 giugno 2019. È di nuovo estate. Nonostante le prove di forza del nostro Governo con gli altri Paesi, nulla è cambiato nelle politiche europee di accoglienza. Il Regolamento di Dublino, riformato dal Parlamento europeo, non è stato accolto dagli Stati membri. Non esiste ancora alcun accordo per la ripartizione tra gli Stati membri dei migranti che approdano sul territorio italiano. Inoltre, nonostante la propaganda proclami che «i porti sono chiusi», in Italia continuano gli sbarchi. Tra i tanti uno diventa un caso mediatico. Carola Rackete, comandate della nave della ong tedesca “Sea Watch 3”, dopo 17 giorni in mare, invocando lo stato di necessità, viola il divieto delle autorità italiane e conduce nel porto di Lampedusa 43 migranti, forzando anche il blocco di una motovedetta della Guardia di Finanza che tenta di impedire l’attracco. La comandante viene in un primo momento messa agli arresti domiciliari, ma il giudice per le indagini preliminari di Agrigento non convalida la misura cautelare. Mentre l’opinione pubblica si divide tra i sostenitori della Capitana e del “Capitano” (Salvini), ancora una volta grazie all’intervento della Cei, vengono ridistribuiti nelle diocesi italiane naufraghi cui è toccato in sorte di essere tratti in salvo da altre imbarcazioni. Nell’Istituto dei Padri Comboniani di Venegono Superiore (Varese) arrivano 17 migranti che, insieme ad altri (in totale 50 persone), erano stati tratti in salvo al limite delle acque territoriali maltesi dal mercantile “Asso 25” e condotti nel porto di Pozzallo (Ragusa) all’inizio del mese. Anche in questo caso l’accoglienza è a totale carico della Chiesa.