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Sirio 11 - 17 novembre 2024
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Milano

La carità «alternativa» di Gesù modello per lo stile Caritas

In Duomo l’Arcivescovo ha presieduto la Messa per i 539 delegati diocesani impegnati nel loro 42° Convegno nazionale: «Dal Vangelo il coraggio per essere creativi di fronte alle sfide inedite che affrontiamo»

di Annamaria Braccini

22 Giugno 2022
L'Arcivescovo all'inizio della celebrazione

«Non la prestazione, ma la relazione, non il sollievo, ma la salvezza, non l’accondiscendenza, ma la vocazione, non l’individuo, ma la persona nella comunità, non la popolarità, ma l’obbedienza al Padre». Si incentra su quelle che definisce cinque «avversative», l’omelia che l’Arcivescovo offre alle centinaia di delegati che partecipano al 42° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, in corso al Centro Congressi di Rho Fiera e riuniti in Duomo per la celebrazione eucaristica.

Tra i concelebranti quattordici vescovi – tra loro monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, Arcivescovo di Gorizia e Presidente di Caritas Italiana -, alcuni presuli lombardi e ausiliari di Milano e molti sacerdoti. In prima fila siedono l’assessore allo Sviluppo Città Metropolitana, Giovani e Comunicazione della Regione Stefano Bolognini, l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi, il presidente della provincia di Monza Brianza Luca Santambrogio, il direttore di Caritas ambrosiana Luciano Gualzetti e il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. Particolarmente suggestiva l’animazione musicale affidata al coro multietnico Elikya.

A porgere il saluto è il neodirettore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello, che richiama le tre vie indicate dal Papa: «Gli ultimi, il Vangelo, la creatività». E sottolinea: «Siamo qui e da qui vogliamo ripartire, per prendere forza dalla Parola e dall’incontro con il Signore, per coinvolgere sempre più tutte le comunità nell’accoglienza, nel servizio, nello spirito della gratuità e nella consapevolezza della responsabilità».

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L’omelia dell’Arcivescovo

Dalla pagina evangelica di Luca al capitolo 5 – l’incontro del Signore con il lebbroso – si avvia la riflessione dell’Arcivescovo (leggi qui il testo integrale): «Gesù si prende cura del lebbroso e vuole purificarlo, ma opera la guarigione non come una prestazione, ma con il gesto scandaloso e imbarazzante di toccare l’uomo coperto di lebbra. Così indica lo stile che i discepoli sono chiamati a praticare e che la Caritas deve testimoniare e raccomandare a tutta la comunità. Se l’aiuto si riducesse a una prestazione basterebbero un ufficio e degli incaricati, se l’aiuto costruisce una relazione ci vuole un centro di ascolto e una comunità in cui le relazioni vivono».

Dunque, una prima avversativa, «non la prestazione, ma la relazione», cui l’Arcivescovo fa seguire le altre. La seconda: «Gesù si prende cura della malattia, non offre però il sollievo di un momento, la precaria guarigione, ma vuole salvare, restituire l’uomo alla sua dignità, offrire la speranza di essere dentro la storia del popolo in cammino verso la terra promessa. Così i poveri ricevono il dono della salvezza: non possono accontentarsi di “una piccola mano” per tirare a fine mese. E la comunità cristiana è chiamata a compiere il gesto di condividere il pane, ma non come una cosa da dare, ma piuttosto come un segno del pane della vita, perché chi crede in Gesù non muore, ma vive in eterno».

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E, poi la terza «non l’accondiscendenza, ma la relazione»: «Gesù non accondiscende a una richiesta, ma chiama oltre. Così il bene compiuto e il bene ricevuto contengono una vocazione alla missione».

Infine, «non l’individuo, ma la persona nella comunità; non la popolarità e il consenso, ma l’obbedienza al Padre che ci ha chiamati». «Gesù purifica il lebbroso, riabilita una persona, ma non si ferma all’individuo: lo inserisce di nuovo nella comunità che lo ha espulso, lo rende presenza costruttiva nel popolo di Dio. Così chi pratica la carità non si prende cura di individui immaginandoli isolati, piuttosto promuove l’inserimento in una comunità in cui ciascuno possa dare e ricevere secondo le sue possibilità. Gesù guarisce la persona e rifugge dalla popolarità che pretende di trattenerlo, di fissarlo in un ruolo, di ridurre la sua missione a supporto di un mondo vecchio e statico, non per guadagnarsi il consenso. La sua missione è missione di evangelizzazione che deve giungere anche oltre, anche altrove, anche là dove nessuno lo aspetta e nessuno lo cerca».

Da qui la conclusione dell’omelia. «Le Caritas diocesane cercano le vie che lo Spirito suggerisce per percorrere la strada degli ultimi, per vivere lo stile del Vangelo, per essere creativi di fronte alle sfide inedite che affrontiamo. Forse, queste alternative presenti nel Vangelo, ci possono incoraggiare a proseguire».

Gli ultimi due giorni

Mercoledì 22 giugno è in programma un confronto all’interno di quattro Assemblee tematiche e dei gruppi regionali.
Conclusione giovedì 23: gli Orientamenti per un cammino comune saranno delineati dal neo-direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello, mentre la celebrazione eucaristica conclusiva sarà presieduta dal presidente di Caritas Italiana, l’“ambrosiano” vescovo di Gorizia monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli.
Qui il programma completo


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Solidarietà e creatività

Il secondo giorno di lavori del Convegno Caritas si era aperto con una riflessione teologica della pastora battista Lidia Maggi: «Il mondo in crisi è il mondo che la Bibbia racconta. Al tempo dei Giudici, quando la storia sembra crudele ecco una luce di speranza, la storia di Ruth: una piccola famiglia che si mette in viaggio non per una chiamata, una vocazione, ma per necessità. E con il libro di Ruth entriamo nella storia di tanti uomini e donne costretti a migrare. Siamo chiamati a cambiare punto di vista, a conoscere la loro storia, per diventare davvero solidali».
A seguire, la relazione teologico-pastorale sulle tre vie - degli ultimi, del Vangelo, della creatività - di monsignor Pierangelo Sequeri, teologo e musicologo, coadiuvato dall’Orchestra Sinfonica Esagramma, un ensemble che vede suonare fianco a fianco giovani e adulti con e senza disabilità: «Creatività nel nostro linguaggio significa inventare qualcosa di nuovo, una parola che ha due attrazioni di significato. Una prima attrazione rappresentata dai piani alti di ispirazione, alla concezione “romantica” dell'ispirazione. La seconda attrazione è la creatività che non è ispirazione, ma è spontaneità. Quello che dobbiamo fare è cercare di mettere insieme lo scarabocchio e Chagall».