La cultura e la società in cui viviamo pongono all’uomo di oggi, credente o non credente, alcune sfide con cui confrontarsi. Chiedono di ripensare la grammatica fondamentale dell’esperienza umana: chi sono io? Che senso ha il mio vivere? Che spazio ha l’altro nella mia esistenza? Come assumersi stabilmente una responsabilità in un mondo che continua a cambiare rapidamente?
Il Servizio diocesano per la Pastorale della Salute propone incontri di formazione dal titolo «Non mi sembra vero che tu esista così» – curati a livello scientifico da don Paolo Fontana, responsabile del Servizio diocesano – che mirano a favorire una maggiore consapevolezza alle dinamiche del nostro vivere quotidiano. Il prossimo appuntamento, promosso in collaborazione con ASST-Rhodense, è in programma venerdì 7 giugno, dalle 9 alle 16.30, presso l’Auditorium dell’Ospedale G. Salvini di Garbagnate Milanese (viale Forlanini 95). In allegato programma e modalità di partecipazione.
Gli incontri sono strutturati con una prima relazione intitolata «Sono dialogo!». La vita umana non è riducibile all’aspetto fisicobiologico. È un’esperienza che suscita, in un linguaggio non riducibile a quello scientifico, la domanda del senso o della promessa. Se tutto fosse ridotto a semplici cose materiali o tecniche, l’uomo perderebbe la capacità di stupirsi, di meravigliarsi e di essere grato. Le molteplici forme dell’esperienza del vivere aprono in modo grato alla relazione. L’uomo è un essere relazionale e dialogico e la persona umana si realizza pienamente solo nella relazione.
Nella seconda relazione («Sì, logopatico!») si sottolinea come la relazione si instauri solo se c’è pieno coinvolgimento: l’altro non può essere descritto e i suoi caratteri non possono essere colti separatamente. Dell’altro non si può “sperimentare” nulla, ma si può conoscere tutto. La relazione è costitutiva dell’operare, non accessoria. La responsabilità è solo quella nei confronti dell’altro con cui si entra in relazione; per questo non c’è responsabilità se non come risposta. Risposta a tutto ciò che capita di vedere o sentire, perché per colui che vi presta attenzione, tutto si rivela come linguaggio, come un appello con segni più o meno grandi. All’appello si può fare silenzio, ma si può anche tentare di rispondere. La risposta all’appello è il nostro entrare nella situazione, divenirne consapevoli. In questo modo, è possibile conoscere una vita che non è solo un insieme di istanti: rispondiamo all’istante e ne assumiamo per sempre la responsabilità.
La terza parte («Conversari») è laboratoriale. L’essere relazionale è qualcosa di insito nell’uomo, ma anche qualcosa a cui bisogna aspirare con le proprie scelte. Nasciamo nella relazione e il nostro dovere è mantenerla e coltivarla, dato che la relazione può essere persa: siamo e vogliamo essere in relazione.