Da un mese stiamo vivendo un tempo difficile e drammatico, che sta mettendo a dura prova tutti. Rimanere in casa, cambiare le proprie abitudini, essere preoccupati per lo studio e il lavoro, sospendere attività socio-culturali e ricreative, scoprire la paura per la salute propria e degli altri, sperimentare la propria vulnerabilità a causa di un nemico invisibile che travolge tutti: ogni età, confine, cultura, condizione sociale. È un tempo nuovo e di prova per tutti. Anziani e giovani sono accomunati da questa situazione e insieme si ritrovano a lottare ciascuno con la propria capacità e forza.
Sperimentiamo allora cose nuove, o almeno, cose che sembrano nuove!
Nonni che si offrono per tenere in giornata i bambini del proprio caseggiato, famiglie che si ritrovano finalmente tutti insieme a tavola, vicini di casa che si offrono di passare a prendere un medicinale in farmacia, giovani del quartiere che provvedono alla spesa per chi è molto anziano.
Sperimentiamo il bisogno di comunicare, di sapere come sta l’altro, di far sapere che si sta bene e che tutto andrà bene. Avvertiamo la necessità di appuntamenti comuni, pur a distanza, per esprimere con canti e balli alle finestre o sui balconi di casa la solidarietà e l’impegno comune.
Sperimentazione anche per il clero
Anche noi preti e diaconi permanenti stiamo vivendo e sperimentando tutto questo. Avvertiamo la prova di celebrazioni eucaristiche senza la gente, di oratori senza ragazzi, di mense per i poveri senza ospiti e volontari. Avvertiamo il disagio di aver sospeso tanti incontri e iniziative del programma quaresimale già pensato e preparato e a cui eravamo ormai ben abituati. Avvertiamo lo smarrimento a causa di una inattività forzata nell’esercizio del nostro ministero. Un senso di passività che aumenta davanti alla tragedia di persone ricoverate con gravi sintomi del Covid-19 e senza conforto degli affetti più cari e della fede con la presenza di familiari e di un prete.
Anche noi preti rimaniamo sorpresi per tanti gesti di attenzione, di solidarietà, di cura presenti tra le persone che conosciamo o appena riconosciamo. Gesti che si trasformano anche in cura per ciascuno di noi: una telefonata di saluto e d’informazione sulla salute del proprio prete, una disponibilità di tempo e di competenza per allestire velocemente un collegamento streaming per la Messa o la catechesi dei ragazzi, un passaggio discreto in chiesa per una preghiera e una breve parola di conforto con benedizione da parte del sacerdote presente.
C’è sorpresa per l’intraprendenza di tutti i sacerdoti per rimanere vicini alle persone e alla comunità cristiana. Una solerzia generosa e creativa, a partire dall’età e dalla sensibilità personale, ma anche di comunione e di disponibilità di collaborazione. E così anche tra ministri ordinati ci si scopre più uniti, capaci di pregare insieme, di celebrare per tutto il popolo di Dio presente non fisicamente, ma nel mistero della comunione ecclesiale. Capaci anche di relazioni più semplici e profonde, con gesti di ascolto e di servizio reciproco, di fraternità e di stima anche nella diversità di carattere e di sensibilità spirituale.
Non sciupare il tempo
Dentro questo quadro di cambiamenti e di sorprese è importante interrogarsi sulle cose che stiamo imparando a vivere anche come preti e diaconi. Non possiamo sciupare questo tempo difficile, come ci ha detto papa Francesco. È un tempo che non solo ha cambiato una prassi pastorale, ma ci ha costretti anche a interrogarci sul nostro essere presbiteri e diaconi, sul nostro stile pastorale, sulla nostra prossimità alla gente come presbiteri e come comunità intera. Lasciamoci allora formare da questo tempo, perché sia occasione di conversione di vita in questo cammino così singolare che porta alla Pasqua. La Quaresima, che sembra ostacolata da questa pandemia, è sempre all’opera in noi e in tante persone che condividono questo tempo difficile. C’è un ritiro quaresimale, una catechesi quaresimale, una via crucis che stiamo condividendo nel quotidiano delle nostre case, nei gesti di solidarietà del condominio, nella generosa ed eroica dedizione alle persone malate da parte di chi opera negli ospedali come medico, infermiere, operatore sanitario.
Il cammino quaresimale continua e trova nella Parola di Dio una guida e un sostegno efficace. Proviamo in questo tempo difficile a rileggere i nostri rapporti alla luce dei Vangeli di queste domeniche di Quaresima. Troviamo in Gesù l’invito a seguirlo per vivere relazioni nuove con Dio nella prova del deserto, con chi è diverso al pozzo della Samaritana, con noi stessi che diciamo e pretendiamo di essere figli di Abramo, con chi non ha mai visto il volto dell’altro come il cieco nato, con gli amici provati dalla morte come le sorelle di Lazzaro, con gli abitanti della nostra città visitata da Dio nell’ingresso di Gesù a Gerusalemme per la Pasqua.
Sempre a sostegno della nostra preghiera e in preparazione al Pasqua può essere utile riprendere la lettera ai Filippesi, che il nostro Arcivescovo Mario Delpini ha indicato quest’anno alla Diocesi. In essa ritroviamo l’invito insistente di questi giorni: fare di questa situazione un’occasione di vita nuova per tutti. Come per l’apostolo Paolo la sua «condizione umiliante e disagevole è diventata occasione per far risuonare il nome di Cristo in tutto il pretorio» così anche per noi questo tempo di prova sia occasione di conversione al Vangelo, di vita piena nel nome di Gesù, di Speranza che apre al futuro senza paure.
Questa ripresa può essere favorita da alcuni strumenti. Per questo la Formazione Permanente del Clero oltre a ricordare le schede sulla Lettera ai Filippesi raccolte nel Quaderno FPC di quest’anno, offre in allegato anche un testo per la lectio divina sempre su questa lettera di San Paolo, preparato da fratel Luca Fallica della Comunità monastica di Dumenza.