«Mi immagino che i discorsi, le raccomandazioni, gli interventi di informazione riservati a chi si prepara al matrimonio, siano sempre orientati a dirvi quante virtù ci vogliono, quanto impegno, quanti sacrifici… Immagino che la cronaca, che racconta di tante separazioni e litigi, magari di persone alla ribalta, disponga alla vita matrimoniale come a un percorso faticoso, minacciato, impegnativo, ma credo che questa pagina del Vangelo ci dica che, in realtà, la cosa è piuttosto semplice: si tratta di “rimanere” nell’amore».
Nella Basilica di Sant’Ambrogio illuminata a festa, in cui si ritrovano molte coppie di giovani fidanzati, è questo che l’Arcivescovo dice anzitutto a chi sta compiendo il cammino verso le nozze. Promosso dai Servizi diocesani per la Famiglia e di Pastorale giovanile con l’Azione Cattolica ambrosiana, prima della Veglia l’appuntamento si arricchisce della visita ai tesori della Basilica, accompagnata dai giovani del gruppo spirituale “Pietre Vive” e da un aperitivo preparato dai ragazzi della Fondazione “Luigi Clerici” per la formazione professionale.
Insomma, una serata di bellezza, serenità e preghiera, nei giorni in cui si festeggia San Valentino, a cui tanti fidanzati – per la maggior parte inseriti nell’itinerario dell’Ac, “Nati per amare” e provenienti da tutte le Zone pastorali, nel contesto della decina di incontri di preparazione al matrimonio proposti durante l’anno – non hanno voluto mancare. Così come il Vicario episcopale di settore don Mario Antonelli, i responsabili del Servizio per la Famiglia Maria e Paolo Zambon e don Massimiliano Sabbadini – con il collaboratore don Luigi Galli Stampino -, di quello per la Pastorale giovanile don Marco Fusi e, per l’Ac diocesana, l’assistente ecclesiastico don Cristiano Passoni.
La Veglia
Tutti riuniti per rendere grazie al Signore e riflettere sul “bell’amore”, tra canti eseguiti con maestria dal Coro interparrocchiale di Milano, momenti simbolici – come il minuto di silenzio in cui i futuri sposi si sono semplicemente guardati negli occhi -, Parola di Dio, letture dell’agiografia di San Valentino (vera o presunta), di uno stralcio del capitolo IV di Amoris Laetitia e di quanto papa Francesco disse nell’Udienza generale del 1 dicembre 2021. Tra cui quell’invito rivolto ai fidanzati, a non «finire mai la giornata senza fare la pace», perché «la guerra fredda del giorno dopo è pericolosissima». Un consiglio semplice, alla portata di tutti, come appunto il comandamento di Gesù, appena ascoltato nella pagina di Vangelo di Giovanni 15, «Rimanete nel mio amore. Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato», cui fa riferimento l’Arcivescovo nella sua omelia, tutta dedicata al rimanere in un amore fecondo e quotidiano.
Lo stupore quotidiano
«Rimanete accanto al fuoco e non fate mancare la legna. Non serve l’eccitazione euforica dei fuochi artificiali, ma il rimanere davanti al caminetto per alimentare il fuoco domestico che chiede sempre nuova legna per restare acceso. Non è difficile, anche se, certo, non è sempre esaltante».
Infatti, «non è l’ineccepibile bellezza delle foto ricordo professionali che fissano l’illusione di essere sempre belli, sempre giovani, sempre allegri, ma il rimanere nella rivelazione della bellezza di ogni giorno», a creare quello «stupore» che non insegue «gli stimoli di spettacoli sempre nuovi e le emozioni di esperienze sempre diverse». Uno stupore che è, invece, «educazione dello sguardo e non un continuo cambiamento dello scenario», perché «nasce dal meravigliarsi per la sollecitudine della persona che ti vuole bene in ogni oggi della vita».
«Lo stupore è il risveglio di ogni mattino, l’esistenza del mondo, è il profumo del caffè, il bambino che impara a parlare, la suocera che prepara una torta, il cognato che si ricorda del tuo compleanno. Lo stupore: la vita quotidiana, ordinaria, in cui si riconosce questo rimanere di Gesù».
Un lavoro «artigianale»
Una vita – questa -, suggerisce l’Arcivescovo, che non è ripetitiva, ma che crea un mondo nuovo: «Le relazioni tra marito e moglie, tra genitori e figli, con i suoceri, i cognati, i vicini di casa, non sono prodotti preconfezionati in vendita nei grandi magazzini, ma il frutto di una cura “artigianale” che produce solo “pezzi unici”».
Per questo, «l’amore che vi chiama non chiede imprese clamorose, non suppone in voi un carattere perfetto, non pretende doti eccezionali, non indica mete inaccessibili, non incute il timore di non essere all’altezza, non promette giorni sempre sereni, ammette anche gli sbagli e ritiene che niente mai sia irrimediabile».
Poi, ancora, la preghiera dei fedeli affidata ad alcune frasi scelte a caso dalle grandi ceste riempite dei foglietti su cui i fidanzati hanno scritto un loro breve pensiero di coppia e, dopo la benedizione, la consegna, da parte dell’Arcivescovo, della bustina contenente i “semi di San Valentino”, segno iniziale di una futura fioritura. «Metteteli in un po’ di terra con un poco di acqua e di luce e verrà il miracolo della vita – raccomanda in conclusione l’Arcivescovo -. I semi dicono come l’amore cresce semplicemente ogni giorno e credo che sia più naturale che l’amore cresca piuttosto che muoia: vi chiediamo di essere il miracolo della vita».
Leggi anche:
Dall’Arcivescovo ai fidanzati i semi di San Valentino
L’Arcivescovo alle famiglie: «Nella vostra testimonianza il senso vero della vita»