Ascoltare difficoltà e fatiche. Rendersi disponibili per dialogare con chi ha maggiormente sofferto il lungo tempo di isolamento causato dalla pandemia. Aiutare le persone a risolvere i loro problemi. Questo il compito primario dei volontari dei Centro d’ascolto Caritas in questi ultimi mesi. Tra coloro che hanno iniziato da poco tempo quest’attività c’è Ilaria Vailati, 42 anni, coordinatrice del Centro d’ascolto di Arese. Un’esperienza avviata da pochi mesi, ma che le sta dando tantissima soddisfazione: «Il nostro compito è quello di trovare strategie di accompagnamento per chi si rivolge a noi. È un’attività impegnativa: cerchiamo di lavorare in maniera omogenea, rispettando le caratteristiche di ognuno», racconta.
Una realtà che si affianca a enti e istituzioni per intercettare e rispondere ai bisogni di individui e famiglie che vivono situazioni di fragilità personale e sociale, economica e culturale. Undici i volontari che prestano servizio e che negli orari di apertura incontrano le persone del territorio che hanno necessità di entrare in contatto con la Caritas. Un’accoglienza senza pregiudizi e nel rispetto di ogni difficoltà incontrata: dall’indigenza alle dipendenze, dalla solitudine alla disabilità, dall’assistenza a minori e famiglie a quella ad anziani e a cittadini stranieri, fino ai servizi alla persona. «Mi piace molto questo servizio, perché sfida noi stessi e ci mette in discussione per trovare soluzioni adeguate ai problemi che ci vengono raccontati – spiega -. È bello vedere come le persone vengono da noi anche solo per avere un riferimento. Chi viene qui, si vede chiaramente, trova sollievo anche solo nel poter parlare e condividere con i volontari le proprie difficoltà. E dopo si vede che si sente quasi “alleggerito”», aggiunge. Volontari e coordinatrice, infatti, si ritrovano periodicamente per fare il punto sulle diverse situazioni di cui sono venuti a conoscenza e definire i percorsi di accompagnamento più adatti.
Ad Arese il Centro d’ascolto ha iniziato la sua attività ad aprile. Dopo un anno intervallato da zone rosse e gialle, con i continui lockdown e l’ìmpossibilità di potersi vedere con amici e parenti, anche solo per sfogare le proprie emozioni o parlare apertamente del proprio disagio. Per questo il bisogno principale che è emerso è stato quello di non sentirsi soli. «Diverse persone che si rivolgono a noi hanno bisogno di raccontare la propria fatica rispetto a un periodo di limitazioni. È frequente il desiderio di parlare, di sentire qualcuno vicino a loro. Non sempre l’occasione è un bisogno concreto. Ma spesso è solo la voglia di parlare con qualcuno», commenta. Da circa un anno era in atto il progetto di avviare il Centro d’ascolto e, prima della sua inaugurazione, i volontari hanno partecipato a un periodo di formazione di tre mesi. «C’è stato fin da subito un buon afflusso. Le persone si sono effettivamente rivolte subito a noi. Era un servizio di cui si sentiva sicuramente il bisogno», conclude.