«La “porta della fede” (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita» (cit. in Alla scoperta del Dio vicino. Lettera pastorale, n.10).
Le parole del Papa, rilanciate dal nostro Arcivescovo, ci sono di forte incoraggiamento all’inizio del nuovo anno liturgico. Quanti verbi di movimento vengono associati alla fede cristiana: entrare, oltrepassare, attraversare… Il cristianesimo è un’esperienza dinamica, che richiede agilità, disponibilità al movimento e voglia di sequela. La nostra fede ci chiede di essere sempre attivi e implicati in un movimento di conversione continua, che grazie agli strumenti che Dio ci ha donato in Gesù Cristo (la Sua parola, i sacramenti), ci consente di vivere il presente come quel deserto in cui sperimentiamo insieme sia l’intimità con Dio, sia la fatica della prova.
Questa esperienza della porta e della soglia descrive bene il tempo di Avvento. Un tempo che già di suo richiede di mettere sempre meglio a fuoco la condizione abituale della vita cristiana – ogni esistenza cristiana è una continua ripresentazione di ciò che il tempo di Avvento intende significare: la reinterpretazione della nostra storia nella tensione tra la Buona Notizia della Resurrezione e l’attesa del compimento, quando ci saranno «i nuovi cieli e la nuova terra» – assume nel disegno dell’Anno della fede ancora maggiore forza ed energia. Siamo invitati infatti, come ci suggerisce la lettera pastorale, a dare dinamicità alla nostra vita cristiana, confrontandoci con coraggio con le prove che hanno tolto smalto e tonicità alla fede che professiamo.
A guidarci in questo cammino di verifica è l’Arcivescovo in persona, che ha scelto le domeniche di Avvento come luogo privilegiato di esercizio del suo magistero. Sicuro di poterci mostrare, proprio in queste celebrazioni, un segno molto chiaro di «quella pluriformità nell’unità che è il bene proprio della comunione» (Alla scoperta del Dio vicino, pag. 57), il Cardinale invita la comunità diocesana a vivere con partecipazione questo suo radunarsi tutta insieme attorno al proprio pastore. Solo così saremo capaci di fortificare la nostra fede, ridando slancio alla testimonianza nel quotidiano delle nostre esistenze.
da Avvenire, 17/11/12