Bilancio positivo delle ultime due giornate di visita pastorale dell’Arcivescovo di Milano nel sud dell’Albania. È quanto afferma monsignor Giovanni Peragine, amministratore apostolico giunto nel 2017 nell’Albania meridionale, che poche ore fa ha salutato Delpini nell’ultimo incontro a Lushnje prima del rientro in Diocesi.
Come valuta la visita dell’arcivescovo Delpini?
Il bilancio è senz’altro positivo, non solo per noi, ma anche per monsignor Delpini che ci ha visitato insieme a don Maurizio Zago. Questa visita ha rafforzato la comunione tra le Chiese, una comunione che trova anche la sua espressione non solo nella fraternità, ma anche nella partecipazione alla stessa missione della Chiesa. Sono Chiese che cercano di collaborare al fine dell’evangelizzazione.
Quali sono state le tappe?
Monsignor Delpini ieri ha visitato alcune delle nostre comunità che hanno sicuramente un carattere diverso da quelle che aveva visitato due giorni prima nel nord dell’Albania. La nostra realtà è particolare non solo perché è un’amministrazione e non una diocesi, ma soprattutto per la vastità del territorio. L’Arcivescovo avrà notato, e gli è stato detto, che le distanze qui sono molto più grandi rispetto a quello che aveva percorso nei giorni precedenti. L’amministrazione apostolica abbraccia più della metà del territorio dell’Albania, corrisponde al 60% dell’intero Paese.
E la popolazione a quanto corrisponde? E i cattolici?
Non è facile calcolare la popolazione per due motivi. Primo, l’Albania conta circa 2.500.000-2.800.000 di abitanti, di cui solo 1 milione concentrato nella capitale; secondo, c’è un esodo continuo degli albanesi verso i Paesi esteri. Come cattolici siamo ancora una minoranza. Nel Paese i cattolici sono il 12-13% dell’intera popolazione, per la maggior parte presenti al nord. In Albania ci sono 6 Diocesi, di cui 5 concentrate nel nord, perché la minoranza cattolica è presente nella parte settentrionale del Paese, mentre in tutto il sud c’è un’unica Diocesi, dove oggi possiamo calcolare circa 3 mila cattolici. Queste comunità sparse in questo vasto territorio sono nate grazie alla presenza dei missionari in 25 anni.
Un grande lavoro di evangelizzazione…
Sì, perché 20-25 anni fa arrivavano missionari e suore in un territorio dove magari non c’era nessun cattolico e oggi c’è una piccola comunità. Monsignor Delpini, che ne ha visitate alcune, diceva di aver assistito almeno al racconto di alcuni miracoli, perché là dove non c’era neppure un cattolico oggi esiste una piccola comunità.
Quindi anche il ruolo di don Enzo Zago (fidei donum ambrosiano giunto un mese fa) diventa importante…
Don Enzo viene ad aiutare l’evangelizzazione soprattutto in questi luoghi non ancora visitati dai missionari. Io sono qui soltanto da 4 anni e ancora oggi assisto a miracoli, perché c’è gente che viene a chiedere di conoscere Gesù, perché nessuno mai in questi luoghi ad annunciare il Vangelo. E ci sono tantissime zone che non sono ancora state raggiunte da noi, dai missionari, di fronte anche a richieste. Insieme ad altri missionari, don Enzo ha già iniziato a visitare alcune zone, un villaggio in particolare dove un paio di anni fa la gente ci ha chiesto di andare ad annunciare il Vangelo perché vuole conoscere Gesù. La pandemia ci ha un po’ bloccati, però con l’arrivo di don Enzo abbiamo ripreso la visita a questo villaggio. E questo è molto bello.
La visita pastorale si è conclusa venerdì mattina proprio con l’incontro dei missionari…
Sì, e monsignor Delpini ha sottolineato questa collaborazione tra le Chiese. E io dico che la collaborazione non si basa soltanto sulla necessità: don Enzo non è qui soltanto perché questa Chiesa giovane ha bisogno di missionari (tra l’altro io qui non ho nessun sacerdote diocesano). La necessità di avere missionari in un territorio così vasto è importante, ma la presenza di don Enzo non è legata soltanto a un bisogno, ma è una collaborazione, una comunione tra Chiese. Certo, noi abbiamo questo aiuto, questo sostegno da parte della Diocesi di Milano, ma come sottolineava anche monsignor Delpini, anche l’antica Chiesa di Milano ha bisogno di questa «freschezza spirituale» e di quell’entusiasmo che queste giovani Chiese possono offrire alle Chiese di antica tradizione.