Si è conclusa la visita di quattro giorni in Ucraina del segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher. A stilare un bilancio del viaggio è l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico a Kiev, che ha accompagnato monsignor Gallagher nel suo viaggio da Leopoli a Kiev. Giorni intensi dove il “ministro degli Esteri” di papa Francesco ha avuto la possibilità di parlare con gli sfollati, visitare i luoghi dei grandi massacri di civili – Bucha, Irpen, Vorzel -, confrontarsi con i vescovi delle Chiese latina e greco-cattolica e parlare con le autorità del Paese. A Kiev, il segretario vaticano ha avuto incontri con il primo ministro, con il capo dell’amministrazione presidenziale e con il ministro degli Esteri.
Monsignor Kulbokas, che importanza ha avuto la presenza di monsignor Gallagher in Ucraina?
L’importanza è molteplice. La visita di monsignor Gallagher è innanzitutto un grande segno di vicinanza della Santa Sede verso il popolo ucraino. Questa visita inoltre ha permesso a monsignor Gallagher di toccare con mano, vedere con gli occhi e sentire l’atmosfera che si vive qui, percepire lo spirito con cui si vive la situazione, sia nei suoi aspetti negativi ma anche nei suoi aspetti positivi. Mi commentava monsignor Gallagher che ha visto tanti segnali di speranza, anche nei luoghi distrutti dove già si comincia a ricostruire e riprendere la vita. Vedere questo è incoraggiante. Ma ha potuto toccare con mano anche gli aspetti negativi, e cioè la sofferenza e la drammaticità della situazione. Un altro aspetto importante sono stati gli incontri con alti ufficiali del governo per riflettere insieme con loro quale direttrici loro vedono e quale l’apporto la Santa Sede può dare, sia nella ricerca della pace, sia nel campo della futura ricostruzione.
Cosa chiedono le autorità politiche alla Santa Sede?
Senza entrare nei dettagli, ci sono varie richieste. Si chiede sempre un sostegno morale. Un’altra cosa che si chiede alla Santa Sede è di essere pronta ad una eventuale mediazione. Gli ucraini hanno chiesto tante volte e lo hanno ripetuto. Chiedono che la Santa Sede possa eventualmente fare da facilitatore per i negoziati, se anche l’altra parte, la Russia, accettasse. Da parte della Santa Sede c’è questa disponibilità ma questo si fa quando entrambe le parti lo chiedono, non una sola. C’è poi la direttrice delle questioni umanitarie. Si è parlato di alcune questioni umanitarie in cui l’Ucraina ha bisogno dell’appoggio della comunità internazionale e in particolare della Santa Sede. Sono questioni difficili e molto complicate, diverse e complicate, ma l’aiuto è richiesto. E poi la questione che riguarda la ricostruzione del paese per quel supporto che si può dare. E infine ringraziando la Santa Sede per la collaborazione che c’è già in campo sanitario, in particolare per l’Ospedale Bambino Gesù, chiedono che si prosegua in questo aiuto perché è importante assistere i bambini, soprattutto quelli che hanno difficoltà a curarsi in Ucraina adesso.
Cosa ci può dire della possibilità di un viaggio di papa Francesco in Ucraina?
Le autorità hanno ripetuto questo invito. Tutto ciò che le autorità hanno detto e hanno chiesto, sicuramente monsignor Gallagher se ne farà portavoce al Santo Padre.
Cosa è stato per lei questa visita?
Per me è stata una visita molto importante. È stata, anche dal punto di vista psicologico e spirituale, un grande incoraggiamento. È importante che il mio diretto superiore abbia potuto vedere come è la realtà perché questo facilita molto il lavoro.
È chiaro – e monsignor Gallagher lo ha ribadito più volte – che papa Francesco e la Santa Sede stanno facendo grandi sforzi per la pace. Ma la pace è ancora possibile?
Questa è una grande questione. Non so se qualcuno ha la risposta. Che cosa possiamo fare? Che cosa dobbiamo ancora fare per avvicinare la pace? È una grande domanda che rimane.