Vale sempre la pena concedersi un momento di gentilezza, di curiosità reciproca, di riconciliazione. Così, domenica 6 aprile nelle sette Zone pastorali, le coppie potranno incontrarsi, parlare, confrontarsi con il Signore. Sono momenti oggi molto preziosi per tutti i matrimoni, più che una volta quando amori e rancori crescevano sotterranei, talmente confusi e ostinati che così doveva sembrare fossero da sempre. E si procedeva nella vita di coniugi spesso rassegnati, scontrosi, risentiti e i piccoli scontavano questi umori crescendo defilati, perplessi e un po’ confusi: ma che sarà mai questo amore «per sempre»?
Li senti anche oggi a scuola gli adolescenti, figli nostri, che danno parola ai loro sguardi sui genitori e, vi assicuro, ce n’è per tutti: non solo separati, divorziati (a questi siamo abituati e se non altro tranciano di netto, almeno per qualche anno, il sogno dei ragazzi), ma anche quelli che vivono ancora insieme sono spesso tratteggiati come tristi, spenti, senza più passione, tirano avanti, chissà se godono ancora del calore dei corpi (e in questo caso il sogno dei ragazzi sbiadisce lentamente, senza urli e strepiti, in una silenziosa esplosione…). Ma che ne è del matrimonio oggi? Che adulti siamo? Che desiderio di vita matrimoniale lasciamo ai nostri figli?
Eppure oggi siamo avveduti, consapevoli, non è più il matrimonio di una volta, ci aspettiamo tanto dall’amore, non siamo più facile preda della rassegnazione del silenzio, dell’incomprensione, della distanza, eppure qualcosa pare non funzioni comunque. Forse è proprio questo «chiedere troppo» che ci mette al muro? Siamo indotti oggi, in questo tempo così a misura di «individuo», a badare a noi, a pensare al nostro bene e al nostro futuro, a mettere al primo posto la riuscita personale; capita così che anche nella relazione di coppia ci perdiamo nei gorghi delle nostre pretese immaginando che l’altro/a a cui ci siamo legati per la vita debba garantirci la felicità, la pienezza della realizzazione personale…
Non è così invece, semplicemente perché così non può essere, nessuno regge al peso di garantire felicità assoluta all’altro/a, solo Lui l’unico Signore del cielo e della terra, delle cose visibili e invisibili, ci sa fare con tanto delicata questione! A patto però che gli facciamo posto nella nostra relazione, che impariamo insieme a rivolgerci a Lui, ad affidargli tutto di noi, incomprensioni, esitazioni, arbitri, avventatezze, insensibilità, i nostri errori insomma, naturali e specifici. Perché capita anche questo: nelle difficoltà inevitabili della vita procediamo imperterriti e, presi dal nostro delirio di onnipotenza, facciamo e soprattutto disfiamo tutto da soli… senza preoccuparci di approfondire la comunicazione, senza confronto con altri, senza una richiesta di aiuto, senza una preghiera, sicuri che tutto sia nelle nostre mani.
Ecco il punto, come se il percorso dell’amore fosse tutto e solo nostro, come se fossimo i primi e altri non ne sapessero nulla, come se il Signore fosse altrove. C’è invece nel matrimonio cristiano, un fuoco da curare e rinvigorire, c’è un dialogo profondo da custodire e rinsaldare, che poi si fa unione sacra dei corpi e nutrimento buono per tutta la famiglia. Perché l’aiuto più prezioso alla famiglia cristiana oggi è fornire occasioni per crescere nel legame di coppia alla luce della preghiera e dell’ascolto profondo tra gli sposi e alla luce della Parola di Dio. Se gli sposi sono felicemente coppia, se il legame è sufficientemente buono, caldo, profondo, se la felicità si assapora già nel quotidiano parlarsi, cercarsi, stringersi e incontrarsi, se c’è apertura giocosa l’uno per l’altra, l’amore viene fuori, si manifesta e, teologicamente parlando, il matrimonio mostra la sua indole sacramentale. I figli sono accuditi da subito, responsabilmente, la fede viene mostrata già prima e oltre le parole che poi la comunità trasmette, esplicita e conferma.