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Speciale

Tettamanzi, le parole e i gesti

Sirio 18 - 24 novembre 2024
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La corresponsabilità

Il ruolo dei laici, sull’esempio della Chiesa di Antiochia

Una “scommessa” che ha accompagnato tutto l'episcopato del cardinale Tettamanzi, nella testimonianza di Alberto Fedeli, all'epoca segretario del Consiglio pastorale diocesano

di Alberto FEDELI

20 Agosto 2017

Il ruolo dei laici nella visione del cardinale Tettamanzi in una testimonianza di Alberto Fedeli, segretario del Consiglio pastorale diocesano negli anni del suo episcopato ambrosiano
È venuta l’ora nella quale «la splendida “teoria” sul laicato espressa dal Concilio possa diventate un’autentica “prassi” ecclesiale (Ch. L., 2). E l’ora è aperta, conserva tutta la sua urgenza, ma va accelerata». In questa accorata esortazione del cardinale Dionigi Tettamanzi, rivolta a tutta la Chiesa italiana nella prolusione al Convegno di Verona, è racchiusa la scommessa sul ruolo dei laici nella Chiesa e nella società che ha accompagnato tutto il suo episcopato. L’accelerazione non è pensata come meramente contingente alla carenza di vocazioni presbiterali, ma è posta dal Cardinale «per la missione evangelizzatrice della Chiesa e per il servizio al bene comune della società, in una parola per la testimonianza cristiana e umana nell’attuale situazione del mondo».

Ecco il cuore del magistero del cardinale Tettamanzi: l’urgenza di riscoprire il volto missionario della Chiesa e la forza evangelizzatrice di una testimonianza cristiana convinta e soprattutto coerente, che accetta anche il rischio del martirio e del rifiuto, pur di rimanere fedele alla logica delle beatitudini evangeliche. Una testimonianza che nasce da un’intensa spiritualità, che si esprime attraverso l’azione pastorale, trova nella cultura la forza per aprirsi agli altri e dialogare con tutti. Alle radici di questa testimonianza c’è la grazia battesimale.

La memoria va alla bellissima Omelia nella Messa crismale del 2008, dove il Cardinale ha mostrato tutta l’ampiezza e le potenzialità del tema del sacerdozio comune dei fedeli, mettendo in luce il rapporto tra laici e presbiteri nella comune azione ecclesiale, da viversi secondo la ben nota triade di «comunione – collaborazione – corresponsabilità» finalizzata alla missione: una «comunione corresponsabile per la missione». Le Comunità Pastorali sono la forma nuova di questa comunione missionaria, dove il ruolo dei laici può e deve trovare la sua massima espressione nelle nuove forme di ministerialità e nella stessa conduzione pastorale della comunità, attraverso la loro partecipazione nei Direttivi: il modello indicatoci è la Chiesa di Antiochia, e a questa icona dovremo continuare a ispirarci.

Il Cardinale ci ha tuttavia avvertito contro derive clericali dell’impegno laicale: i laici devono rimanere se stessi, arricchendo la Chiesa con i propri carismi e la propria insostituibile indole secolare. Essi trasmettono la fede non solo quando ricoprono incarichi pastorali ma «per il semplice fatto di vivere da cristiani veri, gioiosi e seri, con un vissuto quotidiano che è frutto della grazia battesimale». I Consigli pastorali devono allora divenire realmente spazi per i racconti della missione nella vita quotidiana, valorizzando le vocazioni laicali in quanto tali: in tal senso va recuperata l’intuizione del Convegno di Verona di impostare la progettazione pastorale in base agli ambiti di vita.

La realtà laicale maggiormente valorizzata dal Cardinale è senz’altro la famiglia. Occorrerà tornare (…) alla ricchezza di indicazioni che il Cardinale ci ha offerto nel triennio ad essa dedicato, chiedendoci se effettivamente si è saputo riconoscere e valorizzare la sua piena soggettività ecclesiale e sociale, lasciando spazio a quella positiva contaminazione esistenziale tra famiglia «piccola Chiesa domestica» e la comunità cristiana in quanto «famiglia di famiglie» e alla possibilità di sperimentare nella comunità esperienze familiari di accoglienza e solidarietà, capaci di testimoniare l’amore di Dio nelle situazioni concrete della vita.