Il popolo del Myanmar, già Birmania, Stato del Sud-Est asiatico che confina a ovest con India e Bangladesh, a nord con la Cina e a est con Thailandia e Laos, da un anno resiste al colpo di Stato dei militari che intensificano via via la repressione, seminando la morte, distruggendo i villaggi. Le vittime sono migliaia e così gli arresti. Oltre 400 mila persone, secondo le stime dell’Unhcr, hanno cercato salvezza nelle foreste per sfuggire ai bombardamenti e sono alla fame. Giovani, anziani, donne, bambini… Nel Myanmar tutti i diritti umani universali sono violati.
La resistenza ha dato vita a un Governo di unità nazionale (Nug) e ai gruppi di difesa del popolo (Pdf) per riaffermare democrazia e giustizia, mentre la comunità internazionale tace di fronte a questa immane tragedia.
Di fronte a tale emergenza umanitaria la Fondazione Pime ha deciso di aprire il Fondo di emergenza S145 Emergenza Myanmar. L’obiettivo è dare un aiuto subito al popolo nel bisogno, sostenendo la rete di accoglienza che le diocesi di Taungoo e di Taunggyi stanno allestendo.
La situazione nel Paese
Tra le aree più colpite ci sono le città e i villaggi dove i missionari del Pime hanno svolto per molti anni il loro ministero fondando le Chiese locali, prima delle espulsioni decretate nel 1966 per tutti i sacerdoti stranieri. Loikaw, in particolare, capoluogo dello Stato Kayah, è ormai una città fantasma: dei suoi quasi 70 mila abitanti almeno 60 mila si sono spostati nei vicini centri di Taungoo e Taunggyi, hanno varcato il confine con la Thailandia, o si sono dati alla macchia.
Tante realtà religiose locali hanno risposto a questa tragedia e lo stanno facendo mostrando il volto più bello del Myanmar: quello di un popolo che, nonostante le sofferenze che hanno segnato la sua storia, sceglie la strada della solidarietà. È a loro che saranno inviati aiuti, partendo dai bisogni elementari delle persone: un tetto, il cibo, una scuola per i più piccoli che da due anni ormai – tra pandemia e guerra – non la frequentano più.
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