«In questo esistere dello Stato per i cittadini, appare preziosa una costruttiva collaborazione con la Chiesa, senza dubbio non per una confusione delle finalità e dei ruoli diversi e distinti del potere civile e della stessa Chiesa, ma per l’apporto che questa ha offerto e tuttora può offrire alla società con la sua esperienza, la sua dottrina, la sua tradizione, le sue istituzioni e le sue opere con cui si è posta al servizio del popolo». Benedetto XVI lo ha sostenuto davanti alle autorità istituzionali, politiche e sociali convocati in Arcivescovado. Presenti, tra gli altri, anche il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, il presidente della Cei Angelo Bagnasco, il presidente del Pontificio consiglio per la famiglia Ennio Antonelli e l’arcivescovo emerito di Milano Dionigi Tettamanzi.
Una riflessione e una lezione di laicità, quella di Benedetto XVI, che sgombera il campo da pregiudizi o interpretazioni malevole sul ruolo dei credenti e dell’intera Chiesa nella vita pubblica del Paese.
«Le comunità cristiane promuovono queste azioni non tanto per supplenza – ha precisato il Papa – ma piuttosto come gratuita sovrabbondanza della carità di Cristo e dell’esperienza totalizzante della loro fede. Il tempo di crisi che stiamo attraversando ha bisogno, oltre che di coraggiose scelte tecnico-politiche, di gratuità».
La lezione di Ambrogio
Benedetto XVI, riprendendo la lezione di Ambrogio, ha ricordato anche i fondamenti della laicità dello Stato: la giustizia e l’amore per la libertà, «che non significa arbitrio del singolo, ma implica piuttosto la responsabilità di ciascuno». «Assicurare la libertà – ha proseguito il Santo Padre – affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti». Superata la concezione di uno Stato confessionale, Benedetto ha precisato però che «le leggiׂ debbono trovare giustificazione e forza nella legge naturale, che è fondamento di un ordine adeguato alla dignità della persona umana, superando una concezione meramente positivista dalla quale non possono derivare indicazioni che siano, in qualche modo, di carattere etico». Il Papa ha precisato anche alcuni ambiti fondamentali, a partire dal diritto alla vita, «di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione» e «il diritto primario dei genitori alla libera educazione e formazione dei figli». Inoltre, «ognuno può vedere come la legislazione e l’opera delle istituzioni statuali debbano essere in particolare a servizio della famiglia. Lo Stato è chiamato a riconoscere l’identità propria della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita».
«Possiamo raccogliere un ultimo prezioso invito da sant’Ambrogio – ha concluso il Papa – a quanti vogliono collaborare al governo e all’amministrazione pubblica, egli richiede che si facciano amare. D’altra parte, la ragione che, a sua volta, muove e stimola la vostra operosa e laboriosa presenza nei vari ambiti della vita pubblica non può che essere la volontà di dedicarvi al bene dei cittadini, e quindi una chiara espressione e un evidente segno di amore. Così, la politica è profondamente nobilitata, diventando una elevata forma di carità».
Anche il cardinale Scola non ha fatto mancare una breve riflessione, salutando il Papa e i presenti: «Questo incontro mostra ancora una volta che per il cristiano tutto ciò che è umano è degno della massima considerazione perché assunto dal Figlio di Dio incarnato e da Lui salvato. La variegata società milanese è ben consapevole di poter trovare nei cristiani una risorsa di umanità disponibile al confronto franco, a tutto campo, forse qualche volta scomodo. Un confronto teso al riconoscimento rispettoso e reciproco, per trovare le strade del bene comune».