Sembrava un giorno come tanti, e invece si è rivelato un giorno eccezionale, nella sua apparente normalità, tanto da diventare la chiave di una intera esistenza e il senso di un pontificato. A raccontare, a più riprese e in diverse occasioni pubbliche e private, quella mattina del 21 settembre 1953 – il momento esatto che fotografa l’origine della sua vocazione – è stato lo stesso Papa Francesco, che oggi si appresta a festeggiare il 50° dell’ordinazione sacerdotale, avvenuta il 13 dicembre 1969 con l’imposizione delle mani da parte dell’allora arcivescovo di Cordoba, Ramón José Castellano.
Cinquant’ anni dopo, Papa Francesco celebra le sue “nozze d’oro” con il sacerdozio – divenuto poi per 27 anni episcopato a Buenos Aires e da quasi 7 anni papato a Roma – presentando personalmente le opere di quello che lui chiama da sempre “Maestro Fiorito”, suo padre spirituale. Presso l’Aula della Congregazione generale della Compagnia di Gesù, Bergoglio darà infatti la sua testimonianza sulla figura di padre Miguel Angel Fiorito (1916-2005), il gesuita argentino che ha formato generazioni di gesuiti latinoamericani e dei cui scritti, raccolti per la prima volta in cinque volumi, firma la presentazione. «Faranno un gran bene a tutta la Chiesa», scrive il Santo Padre nell’edizione curata da padre José Luis Barvaja per La Civiltà cattolica.
Francesco è il quinto Pontefice a raggiungere il traguardo del mezzo secolo di sacerdozio, dopo Pio XI, Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. Per salutare l’anniversario lo Stato della Città del Vaticano ha emesso una speciale serie filatelica che riproduce due quadri dell’artista Raul Berzosa. Nel primo francobollo, all’immagine del giovane Bergoglio sacerdote si affianca quella della Madonna che scioglie i nodi, da lui scoperta durante un viaggio in Germania e divenuta oggetto di grande venerazione a Buenos Aires. Sullo sfondo, la chiesa di San José a Buenos Aires. Nel secondo francobollo, il Pontefice è ritratto sullo sfondo della basilica di San Pietro. Accanto a lui, l’immagine di Gesù misericordioso, che richiama il motto del pontificato – “Miserando atque eligendo” – e il celeberrimo brano della vocazione di Matteo, anche questo citato molto spesso da Bergoglio insieme alla sua parabola preferita: quella del Buon Samaritano.
Quel 21 settembre del 1953, come molti altri giovani, Jorge Bergoglio si apprestava a uscire per festeggiare assieme ai suoi compagni il giorno dello Studente. «Prima di questo, però, da buon cattolico praticante che frequentava la chiesa di San José de Flores, decise di iniziare la giornata passando dalla parrocchia – raccontano Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti nella biografia Jorge Bergoglio, Papa Francesco -. Al suo arrivo trovò un sacerdote che non conosceva, ma che gli fece subito una grande impressione e a cui chiese di potersi confessare. Quel giorno non si trattò di una confessione come un’altra. Tornò a casa con una convinzione ferma: voleva, doveva, diventare sacerdote». Ci vollero 16 anni, e un percorso non sempre facile, per arrivare all’ordinazione sacerdotale, il 13 dicembre 1959.
«Ciò che mi piace di più è essere prete», confessò una volta Jorge Mario Bergoglio a una giornalista e scrittrice argentina, Olga Wormat. «Preferisco essere chiamato padre», aggiunse. E proprio la “paternità spirituale” è per Bergoglio il requisito fondamentale del presbitero, come da Papa non si stanca mai di ripetere durante i suoi viaggi apostolici, negli incontri con i vescovi e il clero locale. Un tratto, quello della cura “paterna” del vescovo per i suoi preti, che ha esercitato lui stesso prima come Provinciale dei Gesuiti in Argentina e poi da vescovo ausiliare e arcivescovo di Buenos Aires.
Ogni Giovedì Santo, per il Papa, è inoltre l’occasione per tracciare l’identikit del sacerdote: fin dalla sua prima Messa crismale, nel marzo del 2013, Francesco ha raccomandato l’«odore delle pecore», per essere pastori in mezzo al gregge e pescatori di uomini. Anche in questa settimana in cui ricorre il 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale Bergoglio ha parlato della bellezza di questa particolare vocazione. Ai membri del Pontificio Seminario regionale Flaminio “Benedetto XV” di Bologna ha raccomandato le quattro “vicinanze”: «Vicinanza a Dio, vicinanza al vescovo, vicinanza al presbiterio, fra i voi, e vicinanza al popolo di Dio». Come faceva il “Maestro Fiorito”, dispensando «buoni consigli per chi ne ha bisogno, correzione per chi sbaglia, consolazione per il triste e aiuti per avere pazienza nella desolazione».