Un messaggio scritto e un discorso pronunciato. Sono i due intensi interventi con cui papa Francesco ha affrontato ancora una volta la tragedia della guerra in Ucraina, lanciando in particolare un appello all’Europa, affinché si faccia sempre più attivamente promotrice di pace, e ai credenti, esortati a non voltarsi dall’altra parte in particolare per il dramma dei migranti.
«Noi siamo abituati a sentire notizie di guerre lontane: la Siria, lo Yemen… Adesso la guerra si è avvicinata, è a casa nostra praticamente, e questo ci fa pensare sulla “selvaggità” della natura umana» ha detto a braccio, prima del discorso ufficiale rivolto ai partecipanti al Congresso internazionale «Educare alla democrazia in un mondo frammentato». Francesco si è chiesto: «Fino a dove siamo capaci di arrivare? Assassini dei nostri fratelli. Penso ai bambini, ai ragazzi, ai tanti ragazzi che sono inviati al freddo, giovanissimi – ha proseguito con accenti commossi -. Soldati russi, poveretti. Pensiamo ai tanti soldati giovani ucraini. Pensiamo agli abitanti, ai giovani e alle giovani, ai bambini e alle bambine. Questo succede vicino a noi. Il Vangelo ci chiede di non guardare dall’altra parte, che è proprio atteggiamento più pagano dei cristiani. Quando ci si abitua a guardare dall’altra parte, un cristiano lentamente diventa un pagano travestito da cristiano». «Non è lontana la guerra, è a portata di casa – ha proseguito -. La guerra non una volta, sempre, è la sconfitta dell’umanità. Non esistono guerre giuste. La via della distruzione è facile da imboccare, ma produce tante macerie: solo l’amore può salvare la famiglia umana. Su questo stiamo vedendo un esempio purtroppo vicino a noi. Quando il senso di autorità va oltre i diritti della società, delle persone, diventa autoritarismo e diventa dittatura».
Il messaggio
«La tragedia della guerra che si sta consumando nel cuore dell’Europa ci lascia attoniti – scrive il Papa nel messaggio inviato a monsignor Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e presidente del Ccee, in occasione dell’apertura delle Giornate Sociali Cattoliche Europee, in corso a Bratislava fino al 20 marzo -. Mai avremmo pensato di rivedere simili scene che ricordano i grandi conflitti bellici del secolo scorso. Il grido straziante d’aiuto dei nostri fratelli ucraini ci spinge come comunità di credenti non solo a una seria riflessione, ma a piangere con loro e a darci da fare per loro; a condividere l’angoscia di un popolo ferito nella sua identità, nella sua storia e tradizione».
E poi l’invito: «Il sangue e le lacrime dei bambini, le sofferenze di donne e uomini che stanno difendendo la propria terra o scappando dalle bombe scuotono la nostra coscienza. Ancora una volta l’umanità è minacciata da un abuso perverso del potere e degli interessi di parte, che condanna la gente indifesa a subire ogni forma di brutale violenza». Poi le parole destinate ai Vescovi: «Vi esorto a continuare a pregare, affinché quanti detengono le sorti delle Nazioni non lascino nulla di intentato per fermare la guerra e aprire un dialogo costruttivo per porre fine all’immane tragedia umanitaria che sta provocando».
«La guerra, che lascia il mondo peggiore ed è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa alle forze del male, possa suscitare una reazione di segno opposto – l’auspicio per il nostro continente -, un impegno a rifondare un’architettura di pace a livello globale, dove la casa europea, nata per garantire la pace dopo le guerre mondiali, abbia un ruolo primario». «Non possiamo starcene con le mani in mano – l’appello del Papa -. Come cristiani e come cittadini europei, siamo chiamati ad attuare con coraggio quanto disse uno dei grandi padri fondatori della Comunità europea, Alcide De Gasperi, parlando del bene comune delle nostre patrie europee, della nostra patria Europa. L’Europa e le Nazioni che la compongono non si oppongono tra loro e costruire il futuro non significa uniformarsi, ma unirsi ancora di più nel rispetto delle diversità. Per i cristiani ricostruire la casa comune vuol dire farsi artigiani di comunione, tessitori di unità a ogni livello: non per strategia, ma per Vangelo».
«Chi ama supera la paura e la diffidenza nei confronti di quanti si affacciano alle nostre frontiere in cerca di una vita migliore – conclude il Papa -. Se accogliere, proteggere, accompagnare e integrare tanti fratelli e sorelle che scappano da conflitti, carestie e povertà è doveroso e umano, ancor più è cristiano. Si trasformino i muri ancora presenti in Europa in porte di accesso al suo patrimonio di storia, di fede, di arte e cultura; si promuovano il dialogo e l’amicizia sociale, perché cresca una convivenza umana fondata sulla fraternità».