Un viaggio con qualche momento che non è esagerato definire di portata storica. È quello che sta compiendo Tawadros II, il papa dei copti che, dopo i giorni trascorsi in Vaticano ospite di papa Francesco, visiterà anche la Diocesi di Milano.
È il diacono permanente Roberto Pagani, responsabile del Servizio ecumenismo e dialogo, a illustrare il senso e l’articolazione della permanenza di Tawadros II a Milano: «Sua Santità arriverà nella giornata di lunedì 15 maggio, provenendo direttamente da Roma, dove ha già presenziato all’Udienza generale di papa Francesco, benedicendo insieme a lui i presenti. Il Papa ha concesso a Tawadros di presiedere una Divina liturgia copta nella basilica di San Giovanni in Laterano: una decisione che non ha precedenti nell’epoca moderna e contemporanea e che è un segno della profonda vicinanza fra la Chiesa cattolica e la Chiesa copta».
Qual è il rapporto dei copti con la Diocesi?
È un legame che data da tempo e che è molto intenso, perché, soprattutto nelle zone intorno a Milano, risiede la comunità copta più numerosa d’Italia, composta da molte migliaia di persone. Basti pensare che solo nel territorio della Diocesi ci sono 17 chiese copte, con una partecipazione sempre nutritissima da parte di famiglie, bambini e giovani: il dato che più contraddistingue questa comunità, perfettamente integrata nel nostro territorio, è proprio l’età media invidiabile.
Tawadros II incontrerà l’Arcivescovo?
Sì. Ci recheremo in delegazione martedì 16 maggio, in mattinata, nella nuova sede episcopale della Diocesi di Milano della Chiesa copta, che si trova in via Gaggia e che sostituisce quella che ha avuto finora sede a Cinisello Balsamo. Lì si svolgerà un incontro privato tra l’Arcivescovo e papa Tawadros – cui seguirà una celebrazione pubblica -, per rinsaldare i legami, inserendosi nella tradizione delle visite che Tawadros ha già fatto a Milano quando era arcivescovo il cardinale Angelo Scola. Sono sempre incontri molto cordiali che hanno saputo, negli anni, cementare la relazione con il Vescovo locale copto, prima anba Kirolos, morto prematuramente qualche anno fa, e ora anba Antonios, con il quale gli scambi sono continuati. Per esempio, ogni anno, a Natale, l’Arcivescovo porta gli auguri suoi personali e dei fedeli ambrosiani alla comunità copta. Inoltre, stiamo seguendo insieme, come Chiese sorelle, lo sviluppo di queste stesse comunità sul nostro territorio, anche con iniziative mirate al mondo dei giovani, al fine di trovare modi per trasmettere la fede alle nuove generazioni.
Qual è la situazione attuale dei copti, «un popolo martire», come lo ha definito papa Francesco?
Da qualche anno in Egitto, dove vivono oltre 10 milioni di fedeli, la condizione è migliorata, perché la Chiesa copta è riconosciuta dallo Stato, anche se i cristiani copti sono ancora tra quei cittadini a cui è precluso accedere ad alcuni ruoli pubblici. Certo, in talune zone più periferiche e rurali, dove lo Stato non è presente neanche a livello educativo, perché le uniche scuole sono le madrase guidate dai capi locali delle comunità islamiche, persistono grandi difficoltà. È una Chiesa di martiri, fatta di sangue versato, ma come dice Francesco, i martiri non sono cattolici, copti o anglicani: sono martiri cristiani perché il vero ecumenismo è nel martirio e nella testimonianza sino a dare la vita.
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