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Speciale

La Settimana sociale di Trieste

Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Trieste

Il Papa alla Settimana sociale: la democrazia non gode di buona salute, serve creatività per il futuro

Nel discorso al Centro Congressi, forte l’invito alla partecipazione che va allenata con solidarietà e sussidiarietà perché la fraternità fa fiorire i rapporti sociali

di Benedetta CAPELLI

8 Luglio 2024
L'intervento del Papa a Trieste (foto Siciliani / Gennari / Sir)

da Vatican News

È un discorso sottolineato da molti applausi quello rivolto da papa Francesco ai partecipanti alla 50.ma Settimana sociale dei cattolici. Il Pontefice intreccia il suo discorso con il ricordo personale, parlando del nonno che aveva combattuto sul Piave e che per primo gli aveva fatto conoscere Trieste. Francesco si sofferma poi sulla parola “cuore” che declina accanto al termine “democrazia” e citando il Beato Giuseppe Toniolo la lega al bene comune: «È evidente che nel mondo di oggi la democrazia non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo».

Da qui l’appello a una assunzione di responsabilità per «costruire qualcosa di buono nel nostro tempo», dando «attenzione alla gente che resta fuori o ai margini dei processi».

Una crisi trasversale

Ricordando la Nota pastorale con cui nel 1988 la Chiesa italiana ha ripristinato le Settimane sociali, il Papa sottolinea la concordanza con la visione promossa dalla Dottrina Sociale della Chiesa, che guarda alle «dimensioni dell’impegno cristiano» e a «una lettura evangelica dei fenomeni sociali» non solo per l’Italia ma per l’intera società umana: «Così come la crisi della democrazia è trasversale a diverse realtà e Nazioni, allo stesso modo l’atteggiamento della responsabilità nei confronti delle trasformazioni sociali è una chiamata rivolta a tutti i cristiani, ovunque essi si trovino a vivere e ad operare, in ogni parte del mondo».

Cuore ferito

La crisi della democrazia è vista dal Papa come un cuore ferito. «Costruzione e intelligenza» mostrano un cuore «infartuato», ma preoccupano le diverse forme di esclusione sociale: «Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani, i vecchi. Questa è la cultura dello scarto.  Il potere diventa autoreferenziale, – è una malattia brutta questa –  incapace di ascolto e di servizio alle persone».

Preoccupazione per l’astensionismo

Ricordando le parole di Aldo Moro per cui lo Stato è democratico se a servizio dell’uomo, Francesco sottolinea come la democrazia è tale se ci sono le condizioni per esprimersi e partecipare: «Nel frattempo a me preoccupa il numero ridotto della gente che è andata a votare. Cosa significa quello? Non è il voto del popolo solamente, ma esige che si creino le condizioni perché tutti si possano esprimere e possano partecipare».

Una democrazia da allenare

«La partecipazione – afferma il Papa – non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani, e va “allenata”, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populistiche».

Il Papa insiste poi sull’apporto che il cristianesimo può dare allo sviluppo culturale e sociale europeo nell’ambito di una corretta relazione fra religione e società, «promuovendo un dialogo fecondo con la comunità civile e con le istituzioni politiche perché, illuminandoci a vicenda e liberandoci dalle scorie dell’ideologia, possiamo avviare una riflessione comune in special modo sui temi legati alla vita umana e alla dignità della persona. Le ideologie sono seduttrici. Qualcuno le comparava come a quello che a Hamelin suonava il flauto; seducono, ma ti portano a negarti».

L’indifferenza è il cancro della democrazia

Fecondi restano i principi di solidarietà e di sussidiarietà. «La democrazia richiede sempre il passaggio dal parteggiare al partecipare, dal “fare il tifo” al dialogare. Ogni persona ha un valore; ogni persona è importante».

«Tutti devono sentirsi parte di un progetto di comunità; nessuno deve sentirsi inutile. Certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone… Mi fermo alla parola assistenzialismo. L’assistenzialismo, soltanto così, è nemico della democrazia e è nemico dell’amore al prossimo. E certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone sono ipocrisia sociale. Non dimentichiamo questo. E cosa c’è dietro questo prendere distanze dalla realtà sociale? C’è l’indifferenza, e l’indifferenza è un cancro della democrazia, un non partecipare».

Partecipare con creatività

Papa Francesco, parlando del cuore risanato, elenca numerosi esempi di segni dell’azione dello Spirito Santo che sono espressione di creatività. Ricorda, per esempio, chi assume nella propria attività una persona con disabilità o le comunità energetiche rinnovabili che promuovono l’ecologia integrale. «Tutte queste cose – afferma – non entrano in una politica senza partecipazione. Il cuore della politica è fare partecipe. E queste sono le cose che fa la partecipazione, un prendersi cura del tutto; non solo la beneficenza, prendersi cura di questo …, no: del tutto!».

«La fraternità fa fiorire i rapporti sociali; e d’altra parte il prendersi cura gli uni degli altri richiede il coraggio di pensarsi come popolo… È molto difficile progettare qualcosa di grande a lungo termine se non si ottiene che diventi un sogno collettivo. Una democrazia dal cuore risanato continua a coltivare sogni per il futuro, mette in gioco, chiama al coinvolgimento personale e comunitario. Sognare il futuro. Non avere paura di quello».

Non una scatola vuota

L’esortazione del Papa è a non cercare soluzioni facili, ma ad appassionarsi al bene comune e come cristiani «avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico»: «Ci spetta il compito di non manipolare la parola democrazia né di deformarla con titoli vuoti di contenuto, capaci di giustificare qualsiasi azione. La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e anche dell’ecologia integrale».

Una voce che denuncia e il “fiuto” del popolo

I cattolici, sottolinea Francesco, non devono accontentarsi di «una fede marginale o privata», hanno qualcosa da dire, «non per difendere i privilegi», ma perché devono essere «voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce», agendo senza la pretesa di essere ascoltati, ma avendo «il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico». «Questo – afferma il Papa – è l’amore politico, che non si accontenta di curare gli effetti ma cerca di affrontare le cause. Una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle sue responsabilità e di uscire dalle polarizzazioni«.

«Formiamoci a questo amore, per metterlo in circolo in un mondo che è a corto di passione civile. Impariamo sempre più e meglio a camminare insieme come popolo di Dio, per essere lievito di partecipazione in mezzo al popolo di cui facciamo parte. E questa è una cosa importante nel nostro agire politico, anche dei pastori nostri: conoscere il popolo, avvicinarsi al popolo. Un politico può essere come un pastore che va davanti al popolo, in mezzo al popolo e dietro al popolo. Davanti al popolo per segnalare un po’ il cammino; in mezzo al popolo, per avere il fiuto del popolo. Un politico che non abbia il fiuto del popolo, è un teorico».

«Organizzare la speranza»

In conclusione l’invito del Papa al laicato cattolico italiano, sull’esempio di Giorgio la Pira, è quello di alimentare progetti di buona politica che possono far rinascere la speranza. Francesco indica un orizzonte di lavoro, guardando al prossimo Giubileo, invitando a promuovere iniziative di formazione politica e sociale dei giovani, prevedendo luoghi di confronto e di dialogo e favorendo sinergie per il bene comune.

«Non smettiamo mai di alimentare la fiducia, certi che il tempo è superiore allo spazio… Tante volte pensiamo che il lavoro politico è prendere spazi, no! È scommettere sul tempo, avviare processi, non prendere luoghi. Il tempo è superiore allo spazio e non dimentichiamo che avviare processi è più saggio di occupare spazi. Io mi raccomando che voi nella vostra vita sociale, abbiate il coraggio di avviare processi, sempre. È la creatività e anche è la legge della vita. Una donna quando fa nascere un figlio, incomincia a avviare un processo e lo accompagna. Anche noi nella politica dobbiamo fare lo stesso».

Artigiani e testimoni

«Vi benedico – conclude il Papa – e vi auguro di essere artigiani di democrazia e testimoni contagiosi di partecipazione. Questo è il ruolo della Chiesa: coinvolgere nella speranza, perché senza di essa si amministra il presente ma non si costruisce il futuro. Senza speranza, saremmo amministratori, equilibristi del presente e non profeti e costruttori del futuro».