«State vivendo una stagione, la vecchiaia, che non è una malattia, ma un privilegio»: lo scrive papa Francesco nel messaggio ai sacerdoti lombardi anziani e malati riuniti oggi a Caravaggio per la Giornata di fraternità con i Vescovi della regione (in allegato il testo integrale).
Il Pontefice fa riferimento a Simeone e ad Anna: «Proprio quando sono anziani il Vangelo entra pienamente nella loro vita e, prendendo fra le braccia Gesù, annunciano a tutti la rivoluzione della tenerezza». Anche chi è malato «vive un privilegio: quello di assomigliare a Gesù che soffre e portare la croce proprio come Lui». E la comunità che se ne prende cura «è ben radicata su Gesù».
Poi il Santo Padre precisa: i sacerdoti anziani e malati sono «protagonisti attivi nelle comunità», «portatori di sogni carichi cli memoria e per questo importantissimi per le giovani generazioni». E sottolinea: «Da voi viene la linfa per fiorire nella vita cristiana e nel ministero».
Infine, una conclusione scherzosa: «Vi chiedo, per favore, di pregare per me che sono un po’ anziano e un po’ malato ma non tanto!».
La Giornata di Caravaggio si è svolta in occasione del consueto incontro della Conferenza episcopale lombarda ed è stata promossa da Unitalsi Lombarda e Cel, con la collaborazione organizzativa della Fondazione Opera Aiuto Fraterno. Dopo l’accoglienza e la preparazione alla liturgia, la processione dei sacerdoti presenti ha introdotto alla celebrazione eucaristica nel Santuario di Santa Maria del Fonte, presieduta dall’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, e dagli altri Vescovi lombardi. Su espressa indicazione di monsignor Delpini, la memoria nella preghiera è stata rivolta a tutti i sacerdoti lombardi vittime della pandemia: su quasi 300 presbiteri morti in Italia, ben 92 erano originari della nostra regione.
L’omelia dell’Arcivescovo (in allegato) è ruotata attorno al concetto di «saluto». Quello di Maria a Elisabetta («una rivelazione che ha riempito di gioia la sua casa») e quello con cui sempre lei realizza la sua missione nella casa di Zaccaria. «Anche per un prete, anche per un uomo e una donna che vogliono vivere la loro missione di annunciare il Vangelo, questo è una strada irrinunciabile», ha rilevato monsignor Delpini. Una missione «irrinunciabile e praticabile in ogni condizione di salute, in ogni età».
Sempre facendo riferimento al saluto di Maria a Elisabetta, «accolto con stupore» da quest’ultima, l’Arcivescovo ha aggiunto che nella missione di un prete «il saluto dello stupore è l’atteggiamento dell’umiltà di chi si fa servo, invece di pretendere di essere servito», «di un uomo lieto, mentre avrebbe buone ragioni per essere triste per le sue tribolazioni», «di un uomo che parla di Dio e canta il magnificat, invece che lamentarsi del mondo», «di un uomo che si interessa degli altri, invece che essere ripiegato su di sé», «di un uomo che guarda al futuro pieno di speranza», invece che temerlo «come una minaccia».
Ma soprattutto «un prete può avere la missione di “essere il saluto della gioia”», proprio di chi «crede nell’adempimento della parola del Signore», «riconosce nelle condizioni in cui si trova una occasione per dire il Vangelo», «dà testimonianza di come sia bello e lieto essere dentro una comunità, costruire e gioire della fraternità», «accoglie la rivelazione di Gesù e si sente dire: queste cose ti ho detto perché la mia gioia sia in te e la tua gioia sia piena».
Al termine della Messa il pranzo comunitario presso il Centro di spiritualità.